Topolino, i novant'anni di un'icona
Il 18 novembre del 1928 veniva proiettato “Steamboat Willie”, dove debuttava il celebre topo Mickey Mouse. Che però sarebbe diventato un (grande) personaggio a fumetti solo dal 1930 in poi, grazie a Floyd Gottfredson e ai fumettisti italiani da lui ispirati
“Avrebbe simboleggiato per sempre la razza umana. Gli psicologi di Venere avrebbero analizzato le sue azioni e controllato ogni suo movimento. (...) Ma il suo segreto sarebbe rimasto inviolato fino alla fine dei tempi, perché nessuno ormai era in grado di leggere la lingua della Vecchia Terra. Milioni di volte, nelle età future, quelle ultime parole sarebbero lampeggiate sullo schermo senza che nessuno riuscisse a comprenderne il significato: UNA PRODUZIONE WALT DISNEY”.
Così si chiude il racconto “Lezione di storia” (1949) di Arthur C. Clarke dove tutto quello che è rimasto dell’umanità è un cartone animato con Topolino (“il piccolo bipede” lo chiamano gli studiosi venusiani). Un racconto che è un sardonico omaggio a Mickey Mouse, il quale debutta il 18 novembre 1928, quando il cortometraggio animato “Steamboat Willie” di cui è protagonista, diretto da Walt Disney (1901-1966) e Ub Iwerks (1901-1971) viene proiettato al Colony Theatre di New York (il primo cortometraggio prodotto è “Plane Crazy” ma esce nei cinema dopo “Steamboat Willie”). Quel topo in pantaloncini rossi colpisce l’immaginario degli spettatori e negli anni Trenta diventa popolarissimo rendendo celebre anche il suo creatore Walt Disney (molto meno il co-creatore, il geniale Iwerks, che presto lascia la società) e l’azienda da lui fondata, destinata a diventare una major cinematografica.
Non a caso “Steamboat Willie” è il nome del topino che tiene compagnia a detenuti e guardie carcerarie nel romanzo del 1996 “Il miglio verde” di Stephen King, ambientato negli anni Trenta. Sono novant’anni del Topo icona, lo stesso della marcia di Topolino, cantata dai soldati in Vietnam alla fine di “Full Metal Jacket” (1987) di Stanley Kubrick, quasi come per un improbabile ritorno all’infanzia perduta per sempre.
Il Topolino a fumetti arriva invece il 13 gennaio 1930, oltre un anno dopo, con la striscia per i quotidiani, sceneggiata da Disney e disegnata da Iwerks e poi da Win Smith. Ma, in realtà, nasce il 5 maggio dello stesso anno, quando a disegnare la striscia arriva il venticinquenne Floyd Gottfredson (1905-1986). È lui il creatore del Topo a fumetti, affiancato da sceneggiatori come Ted Osborne, Merril de Maris e Bill Walsh (ma fino ai primi anni Quaranta è anche soggettista). Dà vita a una serie di capolavori a fumetti: Mickey Mouse diventa un protagonista di storie avventurose, fantascientifiche, noir. Va nel West, affronta il temibile Gambadilegno, o l’inquietante Macchia Nera (tutto ammantato di nero anche se il suo viso si scoprirà essere molto somigliante a quello dello stesso Disney), spesso accompagnato dal fedele Pippo, in apparenza sciocco, ma in realtà dotato di una propria logica spiazzante. Ci sono due Mickey, quello degli short animati e quello delle lunghe storie a fumetti (che, al ritmo di una striscia al giorno, durano mesi), soltanto graficamente simili.
“Senza Gottfredson penso che avremmo avuto fumetti disneyani, ma non sarebbero stati così interessanti” dice al Foglio David Gerstein, il massimo studioso americano di fumetti disneyani, che ha appena pubblicato per la Taschen “Walt Disney's Mickey Mouse The Ultimate Story”, poderoso saggio (scritto con J.B. Kaufman) sul Topo (dai cartoni animati a i fumetti, al merchandising ai parchi a tema). “Per quanto ami il Gatto Felix di Otto Messmer, non c'è un cast di personaggi affascinante come per Mickey, né un universo costruito attorno a lui. Penso che Topolino sarebbe stato così senza Gottfredson: un bel personaggio, ma privo di un proprio mondo” conclude.
I capolavori di Gottfredson si interrompono nel 1955, quando viene presa la decisione di rendere le strisce quotidiane autoconclusive dal King Features Syndicate, l’agenzia che le distribuisce. Gottfredson continua comunque a disegnare il Topo fino al 1975, mentre il suo erede naturale è il veneziano Romano Scarpa (1927-2005) che dall’anno successivo con “Topolino e il mistero di Tapioco Sesto” riprende lo stile grafico e narrativo di Gottfredson, mettendo persino gag ogni tre-quattro vignette come per fingere che la storia fosse in origine uscita una striscia al giorno sui quotidiani, e inserendo ogni tanto scritte in inglese, in una sorta di mimesi con il maestro americano.
L’erede di Scarpa come autore del Topolino classico è il friulano Andrea “Casty” Castellan (1967) fra l’altro autore, con l’emiliano Massimo Bonfatti, della storia celebrativa dei novant’anni del personaggio “Tutto questo accadde domani”, dove il Mickey attuale incontra il Topolino degli anni Trenta, arrivato nella nostra epoca, sequel di quella di tre anni fa, “Tutto questo accadrà ieri”, degli stessi autori, con il nostro Topo che andava nel passato.
“Delle storie epiche di Gottfredson noi ricordiamo l'idea forte che sta alla base di ogni racconto” dice al Foglio il romanziere e critico fumettistico Leonardo Gori. “L’uomo nuvola: l'energia atomica, che l'umanità non è pronta a gestire. Topolino giornalista: il potere politico colluso con la malavita. Intrecci poderosi con un andamento drammatico da manuale, con climax e risoluzione finale. Con intervalli nei quali vediamo la vita di tutti i giorni dei protagonisti. Romano Scarpa eredita questa struttura profonda di Gottfredson e la affina, complicandola meravigliosamente, intrecciando storie parallele che si incontrano alla fine, senza lasciare nulla in sospeso. Infine arriva Casty, che dilata ulteriormente la complessità scarpiana.”
C’è un filo rosso che unisce i tre autori, apprezzati moltissimo dallo stesso Gerstein, il cui Topolino è splendidamente legato al modello grafico del cinema di animazione.
Reinterpretare il Topo
Nel 1998, per i settant’anni di Mickey, gli sceneggiatori a Tito Faraci e Francesco Artibani e il disegnatore Corrado Mastantuono realizzano “Topolino e il fiume del tempo”. Una storia che cerca con successo di armonizzare il Topolino rurale e scavezzacollo di “Steamboat Willie” con quello assennato, spesso detective, dei fumetti. All’inizio del decennio il Topo interpreta alcune storie horror, “Dracula” e “Lo strano caso del Dottor Ratkill e di Mister Hyde” di Bruno Enna (testi) e Fabio Celoni (disegni). “Dracula è stata una rivisitazione ‘fedele’ (per quanto possa esserlo un’interpretazione disneyana) del romanzo” dice al Foglio Fabio Celoni. “Conteneva tutti i temi tabù disneyani: è stata una sfida faticosa e divertentissima rielaborarlo in chiave disneyana. ‘Ratkill’ nasce dall’idea geniale di Enna di sdoppiare le due personalità di Jekyll/Ratkill nei personaggi di Topolino e Paperino, detentori nel racconto di ‘posatezza razionale’ l’uno e ‘follia istintiva’ l’altro”.
A novant’anni dalla sua creazione, Mickey non è solamente un’icona ma ha ancora molto da dire come personaggio a fumetti.
Universalismo individualistico