I pentiti della parola di Oxford
Una rivista anonima per pubblicare autori e idee controverse. L'iniziativa sui generis del professore Jeff McMahan
Roma. Forse c’è un motivo se Philip Larkin, uno dei più amati scrittori britannici, rifiutò la cattedra a Oxford dicendo che l’“inferno in terra” per lui consisteva nel bere Sherry coi docenti di quella università. “La mia idea dell’inferno sulla terra... è una festa letteraria”. Adesso da un professore di Filosofia morale a Oxford, Jeff McMahan, arriva una iniziativa a dir poco sui generis.
Nel 2019 esordirà il Journal of controversial ideas, e il nome dice tutto. La nuova rivista accademica è una risposta all’aumento di casi di docenti e ricercatori criticati o messi a tacere. “C’è una tendenza crescente all’interno del mondo accademico per cercare di sopprimere le opinioni che non ci piacciono e di trattarle come malvagie e indicibili, piuttosto che affrontarle”, ha detto McMahan. Il professore ha citato l’esempio di un collega accademico di Oxford, Nigel Biggar, “preso di mira” per aver suggerito che le persone dovrebbero avere “orgoglio” per alcuni aspetti del loro passato imperialista. Oltre cinquanta professori, docenti e ricercatori hanno firmato una lettera aperta esprimendo il loro “fermo rifiuto” delle sue opinioni. Biggar ha rivelato che i giovani accademici hanno paura di danneggiare la propria carriera se si fanno vedere in sua compagnia.
“Don’t feel guilty about our colonial history”. Questo il titolo dell’articolo sul quotidiano Times a firma di Biggar. “Se crediamo a ciò che gli anticolonialisti ci dicono – e cioè che il nostro passato imperiale è una lunga e ininterrotta litania di oppressione, sfruttamento e autoinganno – allora la nostra colpa ci renderà vulnerabili alla manipolazione volontaria”, scrive Biggar. “Se d’altro canto riconosciamo che la storia dell’Impero britannico è moralmente assortita, proprio come quella di qualsiasi stato, allora l’orgoglio può temperare la vergogna. L’orgoglio per la soppressione da parte della Royal Navy del commercio degli schiavi, per esempio, non sarà completamente oscurato dalla vergogna per il massacro di innocenti ad Amritsar nel 1919”.
Gruppi antirazzisti hanno chiesto all’università di togliere a Biggar la direzione del progetto di Oxford su “Ethics and the Empire”, che sta passando in rassegna l’impatto del passato imperiale britannico. E già il Third World Quarterly, celebre rivista di geopolitica, aveva pubblicato un articolo intitolato “The case for colonialism” del politologo americano Bruce Gilley, causando dimissioni di massa dei redattori in segno di protesta per l’avventata pubblicazione.
Un altro esempio che McMahan ha fornito alla Bbc è sul gruppo Oxford Students For Life, che aveva invitato dei relatori per discutere dell’aborto in Irlanda. “Sono stati attaccati da un gruppo femminista e sono stati incapaci di procedere”, ha detto il professor McMahan. Da qui l’idea di una “rivista delle idee controverse”, ma a una condizione. Gli accademici che hanno paura di esplorare argomenti tabù potranno farlo protetti dall’anonimato. “Permettendo alle persone le cui idee potrebbero metterle nei guai sia con la sinistra sia con la destra o con la propria amministrazione universitaria di pubblicare sotto pseudonimo”, ha detto McMahan.
La nuova pubblicazione interdisciplinare sarà sottoposta a peer review in linea con i normali standard delle riviste accademiche. “La procedura di screening sarà rigorosa come quella per altre riviste accademiche e il livello di qualità verrà mantenuto”, ha affermato McMahan, che con i suoi colleghi stanno istituendo un comitato editoriale internazionale con esponenti di sinistra e di destra, religiosi e laici, per assicurare che la rivista non sia identificata con un punto di vista specifico. Ma la cultura non avrebbe bisogno di coraggio e di sopportare lo scontro ideologico a viso aperto, anziché sotto anonimato, neanche un docente o un autore “controverso” fosse una specie di pentito di mafia?