Sturmtruppen: cinquant'anni, ma non li dimostrano
Una mostra a Bologna con opere in gran parte inedite e tanti particolari poco noti della vita di Bonvi. Come il fatto che era lui la “star” che beve whisky al Roxy Bar nella canzone del suo amico Vasco
Bonvi nel suo studio
Sofia Bonvicini nello studio di suo papà Bonvi
“Alt! Chi va là? Amiken o nemiken?”, chiede la sentinella con in mano il fucile a baionetta innestata, protetta da un cerchio di sacchetti di sabbia. “Semplici conoscenti”. “Ach!... E adesso cosa dofrei fare?...”.
“Aiuten! Aiuten!... ho la schiena squarciata e le gambe spappolaten…Aiuten! Aiuten!”. “Basta!!! C’è gente che deve dormire, qui!”.
“È arrifato il nuovo doktoren” “Era l’oren che anke il nostro battaglionen afesse un mediken a disposizionen”. “Chissà che specializzazionen ha?”. “…non vorrei azzardare, ma temo ginecologien”. “…è quanto tempo è passaten dalle ultime mestruazionen??...”. Strumtruppen: cinquant’anni, ma non li dimostrano.
È la notte tra il 2 e il 3 ottobre del 1968, in un’osteria, davanti a una cena a base di gnocco fritto: tipica focaccia modenese, da accompagnare con l’affettato. Il 27enne Franco Fortunato Bonvicini, fumettista che si firma col nome di Bonvi, tra una portata e l’altra inizia a fare un disegno in cui si vedono alcuni militari. A quanto avrebbe raccontato tanti anni dopo in tv, in quegli anni dominati dalle immagini del Vietnam nelle prime due vignette mette soldati americani. Ma poi ha un ripensamento: “chi sono le icone per eccellenza del militarismo?”. E così i marines diventano soldati della Wehrmacht: in una strana Seconda Guerra Mondiale le cui trincee in effetti assomigliano piuttosto alla Prima, dove il nemico non si vede mai, e dove soprattutto si usa quel buffo italiano dalle desinenze in -en con cui si immagina che i tedeschi parlino la nostra lingua. Il mese dopo, Sturmtruppen vince a Lucca il premio del quotidiano Paese Sera per la migliore striscia umoristica, oltre al premio della Città della manifestazione internazionale dei Comics. In capo a pochissimo divengono un fumetto culto. Una delle strisce italiane più esportate nel mondo: tradotta in undici lingue, e perfino nella presa in giro Germania la saga ha venduto due milioni di copie.
Mezzo secolo dopo, da Sturmtruppen prende occasione la mostra “Sturmtruppen cinquanta anni” a Bologna a Palazzo Fava dal 7 dicembre al prossimo 7 aprile, con 250 opere provenienti dall’Archivio Bonvicini e in gran parte inedite. Malgrado il titolo, in realtà non ci sono solo i buffi “soldatinen”. “Bonvi era un autore che è stato molto prolifico e che ha creato una piccola Walt Disney di fumetti all’italiana”, ricorda al Foglio la figlia Sofia Bonvicini, che è la direttrice artistica della mostra. Tra i suoi personaggi c’è ad esempio Cattivik.
E quel Nick Carter che fu creato per i “fumetti in tv” Gulp e Supergulp, che iniziava con “mentre su New York cadevano le prime ombre della sera, facendosi anche male” e finiva con “e l’ultimo chiuda la porta”. Incubi di Provincia.
Quelle “Storie dello spazio profondo” scritta assieme all’amico Francesco Guccini, e che talmente anticipa Star Wars dieci anni prima da fa venire il dubbio che Lucas gli avesse dato un’occhiata. E, ricorda poi il catalogo, “anche i soldati imperiali si chiamano ‘Storm-trooper’, ovvero la traduzione inglese delle ‘Sturmtruppen’ di bonviana memoria…”. E poi c’è Marzolino Tarantola, pure per la tv. Cronache del Dopobomba, pure fantascientifiche. Perfino la porno-satirica Playgulp, realizzata per Playboy, e la graphic novel storica “L’uomo di Tsushima”, per Bonelli.
Ma la sua grande epica è quella dei “soldatinen”, con la sua straordinaria galleria di personaggi. Il sadico sergenten, il capitanen gay, il terribile cuoken, l’alleaten fascista Galeazzo Musolesi, il soldaten nudo che nella trasposizione cinematografica fu interpretato da Renato Pozzetto, il doktoren che è in realtà un veterinario, il tenenten incapace… Lo stesso Bonvi citò l’ispirazione da “Comma 22”, noto romanzo antimilitarista del 1961 di Joseph Heller. Ma disse anche che l’idea di un fumetto corale senza personaggi fissi l’aveva presa da “Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu. E da quel che ci spiega la figlia, forse ancora più in fondo quel nemico che non si vede mai rimanda al “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. “Sturmtruppen ha molte profondità di lettura, che cerchiamo appunto di mettere in luce. Chi vuole ridere si ferma alla battuta. Chi invece vuole pensare può fare uno sforzo in più e recepire il messaggio. Alla fine quelle Sturmtruppen che combattono in trincea contro un nemico che non si vede mai siamo noi, nella nostra quotidianità”.
Fumetto in apparenza antimilitarista, Sturmtruppen però rivela una profonda conoscenza della vita militare, dovuta al fatto che in realtà Bonvi durante la leva era stato sottotenente di complemento, dei carristi. “Chiunque abbia fatto turni di guardia al parcheggio carri della scuola militare di Caserta nell’inverno ‘62/’63 è in grado di scrivere Sturmtruppen”, spiegò una volta. Alla mostra sono esposti i fogli di punizione che ricevette per incredibili irregolarità tipo farsi trainare la sua 500 in panne da un carro o non aver accompagnato a Messa la compagnia da ufficiale di servizio. Ma c’è anche la Benemerenza ricevuta per l’intervento portato nell’esercito dopo la tragedia del Vajont, e pare che proprio l’immagine di Longarone distrutta gli abbia ispirato le Cronache del Dopobomba. E comunque poco prima della sua morte investito da un’auto, nel dicembre del 1995, una delle sue ultime realizzazioni fu appunto il diario-agenda dell’Esercito Italiano 1995-1996, dove le Sturmtruppen si trasformano in truppe italiane. “Bonvi era profondamente antimilitarista, ma con l’esercito aveva un rapporto di amore-odio con l’esercito”, spiega la figlia. “Metteva in crisi il sistema, ma ne riconosceva pure i punti di forza”. Non è l’unico tra i tanti particolari poco noti di Bonvi che vengono fuori da questa mostra. Tanto per dirne una: lo sapevate che era lui la “star” che beve whisky al Roxy Bar nella canzone del suo amico Vasco Rossi?