Graphic novel d'antan
Il genio di Gustave Doré era già immenso nella “Storia della Santa Russia”, di nuovo in libreria
Mancava in Italia da quarant’anni Storia drammatica, pittorica e caricaturale della Santa Russia di Gustave Doré, e allora – incuriosito da un libro che pare proprio una graphic novel – ho pensato che valesse davvero la pena di sfogliarlo. Ed è subito notevole il potenziale meta-artistico con cui il volume si presenta: tavole nere, abbozzi che emergono dal bianco per il primo delinearsi della vicenda, infanti reali cullati da foche e orsi polari, pagine in cui un noioso resoconto storico è oscurato dalla macchia fuoriuscita da una boccetta d’inchiostro, una tavola composta da cinque riquadri vuoti perché, come recita la didascalia, “per qualche secolo si succedono fatti per lo più banali e comunque di scarso interesse […] d’accordo con l’editore lascio questi spazi bianchi dove, chi lo vorrà, potrà collocare esattamente gli avvenimenti cui essi si riferiscono”.
Stupito, richiudo il volume e vado a vedere quando è uscito per la prima volta: nel 1854. Il che ha dello sbalorditivo. Doré gioca con tutti gli elementi strutturali di un genere che ancora non esiste, e che al di là delle beghe spesso nazionalistiche alla base degli sfarfallii tra le ricostruzioni storiografiche, avrebbe tardato ancora almeno quattro o cinque decenni a definirsi (la tradizione più riconosciuta registra la nascita del fumetto con Yellow Kid dello statunitense Richard Felton Outcaut, uscito nel 1895 sul New York World).
Lo strepitoso “fumetto prima del fumetto” di Gustave Doré, come se non bastasse, è un’opera giovanile, composta quando l’artista francese era appena ventiduenne, eppure già ferrato nel campo delle incisioni e, forse in maniera sorprendente, della satira. Già nel 1847 infatti, quando l’incisore era appena un quindicenne catapultato nel vortice di possibilità della capitale francese, Charles Philipon, fondatore di diverse riviste umoristiche, lo conobbe e lo coinvolse nella redazione di molte delle sue pubblicazioni. L’artista, malgrado la giovanissima età, divenne in breve tempo la penna di punta del Journal pour Rire, ed è forse grazie a questa consuetudine che si muoverà con tale abilità nel momento di mettere insieme un volume che è prima di tutto una satira feroce di un paese che in quel momento – siamo negli anni della Guerra di Crimea – per la Francia era un nemico.
I soggetti più comuni in un testo che è vario prima di tutto dal punto di vista stilistico, spaziano dagli eserciti che si perdono di continuo nella neve (con lance sempre lunghissime), alle teste che ruzzolano in zuffe infinite per le successioni, a una deliziosa ossessione degli zar russi per Costantinopoli, alle cui porte non mancano di recarsi pretendendone la resa, prima di tornarsene in patria e morire (immancabilmente di coliche). E poi gli elementi metanarrativi, di cui Doré non lesina, come l’editore che entra nelle vignette, i libri volanti, quelli parlanti, gli elementi grafici, le mappe e i numeri degli anni ricacciati in gola agli zar che conducono il popolo alla rovina, il gioco a dadi su un tavolo grande quanto l’Europa, all’improvviso una macchia rossa (il volume è quasi totalmente in bianco e nero) a rappresentare le vittime degli interminabili combattimenti.
Le invenzioni sono fitte come una grandinata, e per dirla con lo storico dell’arte Guillaume Dégé, una cui nota compare in chiusura del volume, “Gustave Doré ha rivoluzionato ciò che non esisteva. Ed è stata un’impresa notevole […] non si è fermato davanti a nulla: variazioni grafiche, violenze inaudite, ripetizioni, scatologie, sodomia, giochi di parole, disegni infantili, caricature, disegni accademici, macchie colorate e avanzi di altri lavori”. In questa Storia della Santa Russia – uscita sette anni prima che l’artista incidesse le illustrazioni della Divina Commedia – si riconosce già la mano di Doré, come nei tratti sottili delle ultime tredici tavole, e dato che il libro è un capolavoro fino a oggi dimenticato, vi invito a scoprirlo.