Ha beffato gli studi accademici. Ora l'università vuole cacciare Boghossian
“Accusereste Orwell per aver fatto parlare i maiali?”
Roma. E’ stata la “beffa del 2018” e forse non solo. Peter Boghossian e James Lindsay - il primo docente di filosofia all’Università di Portland, il secondo titolare di un dottorato in matematica - assieme a Helen Pluckrose, capo redattrice della rivista Areo, decisero di “piazzare” venti bidoni accademici in alcune delle riviste accademiche più importanti. Il più famoso è quello sulla “cultura dello stupro tra i cani”. “I parchi per cani sono spazi in cui lo stupro è permesso, un luogo di dilagante cultura dello stupro canino e di oppressione sistemica nei confronti del ‘cane oppresso’”, si legge.
Il professor Boghossian, a cui era venuta l’idea, intendeva dimostrare che nelle università occidentali il confine fra scienza e fregnacce è ormai risibile e che l’ideologia offusca tutto. Gli articoli vengono mandati a riviste di cultural studies o identity studies, la frontiera accademica da cui provengono gli studi su tutte le minoranze razziali e sessuali. Un altro articolo fa furore: “Entrare dalla porta sul retro: sfidare l’omoisteria e la transfobia dei maschi eterosessuali attraverso l’uso di sex toys penetrativi”. Niente meno. Un altro articolo parla dei brestaurants, che in italiano si potrebbe tradurre in “tettoranti”, sono quelli dove le cameriere sfoderano seni abbondanti.
L’esperimento pensato da Boghossian travolge il mondo delle riviste universitarie. Ne parlano tutti i quotidiani statunitensi ed europei. I tre burloni non sono dei conservatori, ma degli auto-proclamati “liberali di sinistra” che hanno a cuore l’onestà intellettuale. Ma come aveva notato il Wall Street Journal, è probabile che l’imbroglio avrebbe comportato la scomunica accademica dei tre. Boghossian si aspettava che l’università lo punisse in qualche modo. Pluckrose prevedeva che avrebbe avuto difficoltà a farsi accettare un programma di dottorato. Lindsay disse che si aspettava di diventare “un paria accademico”, escluso da cattedre o pubblicazioni. Detto fatto.
Come riferisce il Times, Peter Boghossian, assistente professore di filosofia, sta rischiando la perdita del lavoro alla Portland State University in Oregon. Non gli perdonano il saggio “Reazioni umane alla cultura dello stupro e alla performatività queer nei parchi urbani per cani”, che aveva pubblicato sotto il falso nome di Helen Wilson nella rivista Gender, Place & Culture, di proprietà di Taylor & Francis, l’editore britannico. Il documento suggeriva che gli uomini fossero addestrati, come i cani, per prevenire la “cultura dello stupro”.
Un funzionario della Portland State University ha affermato che Boghossian ha studiato “soggetti di ricerca umana” senza un’approvazione adeguata. Un ulteriore accusa relativa alla “falsificazione dei dati” è in corso di revisione e potrebbe fargli perdere il lavoro. Il biologo Richard Dawkins, ben noto per le sue opinioni atee, ha scritto all’università: “I vostri colleghi senza umorismo che hanno portato a questa azione disciplinare vogliono che Portland diventi lo zimbello del mondo accademico?”. Dawkins, che è professore emerito all’Università di Oxford, ha anche aggiunto: “Come reagireste se vedeste la seguente lettera: ‘Caro signor George Orwell, abbiamo notato che il tuo romanzo, ‘La fattoria degli animali’, attribuisce ai maiali l’abilità parlare e camminare sulle zampe posteriori. Questo è direttamente in contrasto con i fatti zoologici conosciuti e quindi sei accusato di falsificazione di dati ...’”.
Anche Steven Pinker, celebre psicologo di Harvard, ha scritto all’ateneo di Boghossian contro l’idea di “punire uno studioso per aver espresso un’opinione impopolare”. Ma il politicamente corretto, che sta devastando le gloriose humanities del mondo accademico, non vuole sentire voci discordi, ma soltanto il battito dei tacchi.