A proposito di “Satana” nei trend topic e nelle fiction
Gomorìa di Carlo H. De’ Medici, ecco l’antesignano del weird italiano
Aprendo “Gomòria”, racconto magico di Carlo H. De’ Medici, da poco uscito per Cliquot – e lo si apre, vista la bellezza della veste art déco da cui ammicca una conturbante succube – si potrebbe pensare di essere di fronte a una tardiva imitazione italiana di “Controcorrente” di Huysmans, visto quanto da vicino le ossessioni estetiche del protagonista Gaetano Trevi ricordano quelle del Des Esseintes protagonista del romanzo chiave del decadentismo.
Anzi, quando il ricco e corrotto Trevi, nel tentativo di arginare la noia, arriva a dividere la propria sala da pranzo in venti diverse alcove onde poter mangiare ogni giorno in un’ambientazione diversa – una alla turca “con la finestra asserragliata da mashrabiyya, tutta ovattata da tappeti preziosi e fantastica di colori e riflessi, come l’harem d’un pascià di Anatolia”; una austera e glaciale come le camere medioevali, “dai mobili neri ed ecclesiastici, e dalla vetrata buia e misteriosa negli intrecci di piombo”; un’altra, “graziosa come un salottino bomboniera in puro stile Luigi XV”; fino a “una bettola dai mobili di legno bianco e dalle pareti passate al latte di calce, dove si mangia senza tovaglia come nelle più infime gargote dei quartieri popolari” – viene il sospetto di non essere di fronte a un “Controcorrente” scritto quattro decenni più tardi, quanto piuttosto a una sua parodia.
Tuttavia, nonostante i molti punti in comune con l’opera di Huysmans che si inanellano nella prima metà, il romanzo di De’ Medici prende poi tutt’altra direzione, abbandonando il realismo per diventare a ogni effetto il “racconto magico” suggerito dal sottotitolo.
Tra i tanti hobby coltivati dal protagonista Trevi vi è infatti anche l’esoterismo, e proprio a partire dalla biblioteca che ha allestito nel proprio castello arriverà l’incontro con un demone – possiamo, credo, dirlo senza ricevere accuse di “spoiler”, vista l’esplicita immagine di copertina – che vira il romanzo verso il gotico, se non verso le sue declinazioni più moderne quali l’horror o il weird. L’elenco dei libri presenti nella biblioteca di Trevi è talmente dettagliato da tradire una vera passione per il tema anche da parte dell’autore – si va dalle “Istorie prodigiose” di Pietro Boaistuau, al “Libro della vecchia”, opera di magia nera attribuita a Ovidio, dalla “Vera descrizione dell’Inferno” di santa Mechtilde all’Enchiridion, unico libro di magia firmato da un Papa (Leone III), fino allo “Spaccio della bestia trionfante” del mistico Bruno da Noli e al “Tractatus florum astrologiae” di Albumazar, passando per “Le ricerche magiche” di Martin Antonio Delrio – ma in siffatto catalogo, che potrebbe risultare utile compendio anche al lettore contemporaneo che volesse buttarsi sugli studi occulti, il libro più importante è l’ultimo citato da De’ Medici: “Sathan” di Cosimo Ruggeri, “scritto in pergamena ricavata da pelli di agnelle vergini e rilegato con una pelle di bimbo morto senza battesimo”.
La sua importanza non è solo narrativa, ma anche e soprattutto metanarrativa, o se vogliamo critica: a differenza dei testi sopracitati, e nonostante l’attribuzione a un vero astrologo del Sedicesimo secolo, ospite alla corte francese di Caterina de’ Medici, il libro maledetto “Sathan” non è mai esistito. Ora, se consideriamo che “Gomòria” è uscito per la prima volta nel 1921 (la casa editrice originaria era Facchi, già ideatrice dei primi tascabili popolari visti in Italia) mentre il “Necronomicon” di H.P.Lovecraft figura per la prima volta nel racconto “Il cane”, scritto nel 1922 e uscito nel 1924, si capisce come il primo pseudobiblion demoniaco lo abbia inventato De’ Medici, e che quindi “Gomòria” – al di là del suo essere una lettura spassosa anche a novantotto anni di distanza, grazie alla scrittura debitrice del miglior decadentismo e quindi lontana dalla semplicità di tanta narrativa popolare dello stesso periodo – viene a contraddire la tesi secondo cui la speculative fiction italiana delle origini sarebbe stata tutta derivativa o comunque povera di idee nuove.