La saga delle Mitford Girls
Sei sorelle, élite e bizzarria inglesi: naziste, romanziere, in tailleur tra le galline. Il romanzo di Mary S. Lovell tradotto in italiano
A chi si chiedesse ancora a che servono le élite basterebbero i fatturati, il merchandising e l’indotto che ancora generano le sorelle Mitford. Erano sei, Nancy, Pamela, Diana, Unity, Jessica e Deborah, la prima nata 115 anni fa, l’ultima morta da cinque, e anche adesso postume continuano a produrre libri e mitologia. Per Neri Pozza è andato da poco in libreria “Le sorelle Mitford”, traduzione di una classica biografia di Mary S. Lovell delle figlie del secondo barone Redersdale, insieme a un nuovo episodio dei “Delitti Mitford”, fortunato filone aristothriller ideato da Jessica Fellowes (nipote di Julian, inventore di Downton Abbey, che molto deve alla famiglia). Le sorelle Mitford, che fossero naziste, romanziere, che indossassero tiare di diamanti per far celebri foto nutrendo galline, hanno creato immaginario da esportazione almeno al pari dei Beatles. Nancy, la prima, fece libri spassosi e abili su infanzie di campagna, parenti fascisti, zii farlocchi in ambasciate parigine. Non aveva fatto altro insomma che prendere la sua famiglia e mettercela dentro. Autrice di titoli come “Non dirlo ad Alfred” o “Amore in un clima freddo”, era nata in una famigliola della più pura eccentricità inglese. I suoi genitori erano piccoli aristocratici legati a rendite modeste e idiosincrasie gentilizie. La madre Sydney, leggendaria economa, aveva trascorso gran parte dell’infanzia in mare, sulle navi del padre armatore.
Il diario di bordo, pubblicato, fornisce dettagli sulle terribili tempeste, sopportate con stoicismo dai quattro bambini orfani di madre mentre la governante e la domestica erano prostrate dal mal di mare. Le rimarrà un amore per la vela e per la pulizia (anche il marito David era ossessionato dal pulito e sbroccava per le briciole: cacciò di casa la cugina moglie di Churchill perché aveva osato sbriciolare a tavola). David, secondogenito del barone Redersdale, un editore di riviste, aveva vita e rendita grama e si imbarcò per Ceylon per tentare l’avventura di coltivatore di tè, poi cercò fortuna con le miniere nell’Ontario, dopo aver tentato senza successo di occuparsi dei giornali di famiglia (ma poi tornò e si dedicò soprattutto alla caccia ai topi nelle fatiscenti redazioni, con una mangusta, come usava nelle colonie). Abitavano un maniero fatiscente con fantasma, ereditato insieme al titolo all’improvviso quando il fratello primogenito muore (ed è subito Downton).
Nancy, la prima, fece libri spassosi e abili su infanzie di campagna, parenti fascisti, zii farlocchi in ambasciate parigine
Deborah (Debo), la più giovane delle sorelle, diventerà duchessa del Devonshire e role model dell’aristocrazia coi suoi tailleur Chanel tra le galline. Fu istruita ad allevarle dalla madre, che andava a vendere uova ai ristoranti londinesi per integrare la misera rendita di famiglia. La passione di mamma erano i libri contabili: blu, immancabilmente con cifre dorate in copertina, e far quadrare i conti la sua missione (infatti “Debo” prese in mano una delle tenute più sgangherate d’Inghilterra, Chatsworth House, 300 stanze, nessun bagno, e l’ha trasformata in una attrazione turistica da 500 mila visitatori l’anno). Ha scritto diversi libri anche lei, partecipando a quella “Mitford Industry” celebrata in Gran Bretagna.
Le più matte erano Diana e Unity. Diana era la più bella, “l’unica di noi ad avere una faccia”, dicevano le altre. Sposò benissimo: Bryan Guinness, della famiglia della birra, una delle grandi fortune inglesi, accorciando il tempo del fidanzamento grazie a una strategia collaudata, tenere il muso sei mesi senza parlare più a nessuno, in casa, e alla fine i parenti pur di liberarsene la autorizzarono. Diana e Bryan erano giovani, intelligenti e belli, sfavillanti nella Londra degli anni Venti. Frequentavano scrittori e magnati, il jet set prima dell’invenzione del jet: i Cunard, gli Astor, Duff e Diana Cooper; Lytton Strachey e la sua amante Dora Carrington, John Betjeman e Noël Coward. La madre come regalo di nozze le procurò subito un libro dei conti blu, con le iniziali dorate, tutto suo, ma la suocera quando lo vede dirà “che barbarie!” di quella nuora risparmiosa. Nancy prende spunto da tutto e mette tutto nei romanzi, ma non solo lei: l’amico Evelyn Waugh campa praticamente coi personaggi di casa Mitford.
Oltre al barone Redersdale, un solo maschio in famiglia. Per Neri Pozza è andato da poco in libreria "Le sorelle Mitford", traduzione di una classica biografia Mary S. Lovell (Foto Wikipedia)
Ai balli delle debuttanti, Unity si presentava con la sua biscia al collo. S’infatuò di Hitler, diventarono intimi. Scoppiata la guerra, si uccise
Jessica (Decca) è la comunista. In campagna si annoiava molto, e fin dall’infanzia mise su un conto “Fuga da casa”. Andò in banca. “Gentile signorina”, le rispose il direttore, “le confermiamo la ricezione dei suoi dieci scellini per l’apertura del suo Conto Fuga da Casa. Troverà qui incluso il libretto n. 437561. Restiamo a sua disposizione e le formuliamo, signorina, distinti saluti. Banca Drummonds”. Il conto “Fuga da casa” le venne utile poi a diciassette anni quando conobbe il cugino Esmond Churchill, nipote del primo ministro, e con lui fugge per la guerra di Spagna. I due scappano insieme senza dir nulla, prelevando tutti i soldi, pretendendo di sposarsi, ma sono minorenni. Tramite Churchill, il ministro degli Esteri Anthony Eden permise ai Mitford di andare a riprendersi la figlia a bordo di un cacciatorpediniere della regia Marina. Eden mandò anche un telegramma personale al console a Bilbao: “Trovi Jessica Mitford e la persuada a tornare”.
Altri telegrammi al giovane Churchill: “Miss Jessica Mitford è incapace di intendere e di volere. Se la sposa sarà arrestato!”. I giornali erano felici: “Il console dà la caccia alla figlia del Lord”, “Le spaesate ragazze Mitford disorientano l’Europa”. Il Daily Express fece confusione tra le sorelle e affermò che fosse stata Deborah Mitford a scappare. Debo li denunciò per diffamazione e ottenne mille sterline, che spese per comprarsi una pelliccia. Decca poi – oltre a scrivere due libri di grande successo, pure lei – avrà una seconda vita americana, sposando un attivista politico, e poi come popstar protagonista del gruppo “Decca and the Dectones”. Morì a San Francisco, dove s’era stabilita, nel 1996. In un articolo apparso il giorno della sua morte sul Chronicle si legge che “in questa strana èra della diversity, lei era davvero il più raro degli uccelli, una creatura esotica”.
Diana, un po’ matta e la più bella, si sposò benissimo: Bryan Guinness, della famiglia della birra, una delle grandi fortune inglesi
Evelyn Waugh campava praticamente coi personaggi di casa Mitford. Jessica è la comunista: ha un conto “Fuga da casa”
Accanto a Unity nello sbrocco nazista c’è Diana, la sorella apparentemente più riuscita delle Mitford, “l’unica con una faccia”, che però a un certo punto avendo un’esistenza assolutamente perfetta – un titolo, ricchezza, un marito bello e liquido – distrugge sistematicamente tutto. Conosce sir Oswald Mosley, il fondatore del partito fascista britannico, uno strano personaggio: uno dei giovani politici più brillanti del suo tempo, tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta. Una specie di Salvini. Il più giovane deputato d’Inghilterra, eletto nei conservatori e poi passato ai laburisti, e poi fondatore di un suo partito, il “New party”, poi estremizzato nella British Union of Fascists. Bello e interessante (vabbè, non proprio Salvini), aveva sposato la figlia miliardaria di Lord Curzon, anche lei deputata, e si ergevano a paladini anti élite. Diana Guinness con fiuto inesorabile si butta su questo personaggio: nel ‘32 lo incontra a una festa, diventano amanti, divorzia dal marito gettando tutti nella costernazione. Per sovrappiù di sfiga, la moglie di Mosley muore di peritonite, che “il popolo” scambierà per crepacuore. Quando scoppia la Seconda guerra mondiale Diana si farà tre anni di carcere per collaborazionismo ma non abiurerà mai (“sarebbe facile farlo oggi, ma non avrebbe senso”). Per Unity andrà peggio. Aveva sempre detto che se i suoi due paesi, la Gran Bretagna e la Germania, si fossero fatti guerra, si sarebbe sparata. Il 3 settembre del ‘39 il console inglese a Monaco la informa che Londra ha dichiarato guerra al suo amato Hitler. Lei prende la pistola che porta sempre con sé (manico di madreperla, forse dono del Führer), e lo fa.