“Dormi tranquillo, Rousseau?”
Un libro del 1977 illumina la trasformazione del M5s in fraternità cainita fondata sulla delazione
Dormi tranquillo, Rousseau? No che non dorme tranquillo. Da quando Casaleggio padre lo ha immischiato nelle sue fantascientifiche strampalerie e l’erede dinastico gli ha intitolato una piattaforma fallata, il tenero Gian-Giacomo si è rivoltato nella tomba tante di quelle volte, ma tante di quelle volte, che i suoi compagni di sepoltura al Panthéon hanno pensato bene di fare una colletta per regalargli uno spiedo da girarrosto. “Dormi tranquillo, Rousseau?” era anche il titolo di un paragrafo di “La machine à terreur” di Laurent Dispot, un libro del 1977 che illumina la lenta trasformazione del Movimento cinque stelle, dopo gli entusiasmi corali dei V-Day e dei meet-up, in una fraternità cainita fondata sulla delazione, sull’annientamento simbolico dei traditori e dei sospetti, sul dossieraggio reciproco, sulle calunnie incrociate, sull’immolazione di ogni affetto privato – padri, amici, amanti – in cima alla pietra sacrificale della piattaforma. Se la rivoluzione industriale ha prodotto la macchina a vapore, scriveva Dispot, l’altra rivoluzione, quella francese, ha messo a punto la macchina a terrore, perfezionata poi dagli ingegneri leninisti. “La macchina a vapore è ormai solo una curiosità da Museo della scienza e della tecnica, mentre la macchina a terrore continua. Che cos’è il leninismo? La macchina a terrore più l’elettrificazione”. E che cos’è il grillismo? La macchina a terrore più internet. “Funziona praticamente da sola non appena avviata, e va fino in fondo al suo programma godendo di una certa autonomia. Questa macchina obbliga, costringe non soltanto quelli contro i quali è stata costruita, ossia i sospetti e i cattivi. Ma soprattutto i suoi stessi utenti e ancor più inesorabilmente”. Ecco perché Rousseau non dorme sonni tranquilli.
Dispot si chiedeva come Robespierre riuscisse a essere così spietato contro chi fino a un’ora prima considerava amico: “Com’è possibile che un ammiratore di Jean-Jacques Rousseau, tutto impregnato di Giulia o la nuova Eloisa, possa essere tanto incorruttibile nei sentimenti quando si tratta dello stato? In seguito tutti avranno quest’atteggiamento, salvo a soffrirne eventualmente a loro volta: in Trotsky, Kamenev, Bucharin non c’è un minimo ‘sentimento’ per i marinai di Kronstadt. Dal tempo di Robespierre si tratta ancora della contraddizione insita nelle teorie di Rousseau, estrema nel sentimentalismo e insieme nella Ragione (di stato). Robespierre è tutt’altro che insensibile, ma il suo sentimentalismo è strettamente legato agli interessi della macchina. La sua ‘libido’, come diremmo oggi, è di una fluidità estrema, da un momento all’altro si stacca dall’amico se diventa sospetto, se il funzionamento della macchina lo esige. Che cos’è tutto questo traboccare di sentimenti che intride i discorsi più terroristici di Robespierre? E’ l’olio con cui lubrifica la macchina a terrore”. La destituzione istantanea del presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito, l’umiliante autocritica stalinista imposta al signor Antonio Di Maio, l’intricatissima vicenda Sarti (tutta la sua carriera nel M5s è un esempio paradigmatico della “machine à terreur”), sono solo i sottoprodotti più recenti di una macchina che è in moto da dieci anni, e che ha regolato la vita del Movimento in un’alternanza di momenti festosi e cinici, di esplosioni sentimentali e implosioni fratricide. La festa dello scorso gennaio (o Piovoso) per il Reddito di Cittadinanza non era certo la festa dell’Essere Supremo, ma la logica soggiacente non è così lontana: “Queste feste che sembrano essere solo una veste, una maschera, continuano a occultare e a significare la necessaria copulazione energetica del Terrore e della Virtù, della coppia di forze che faceva funzionare la macchina a terrore nella sua forma originaria”. A oliarne gli ingranaggi, le lacrime di Rocco Casalino e degli altri capi pentastellati davanti al video commemorativo del pantheonizzato Gianroberto Casaleggio. Che per nostra fortuna, però, era un pessimo ingegnere, migliore forse solo del suo rampollo. Resta da sperare che il loro prototipo – la macchina a terrore più internet – sia come quello dell’artista Jean Tinguely: una macchina che si distrugge da sola prima di trascinarci nella sua distruzione. Allora, forse, il vecchio Rousseau potrebbe tornare a dormire sonni tranquilli. E noi con lui.