La domanda più scorretta di tutte e una risposta che funziona sempre
È tu, perché sei single? Perché sono vedova. Cosa ci insegna il libro di Chiara Moscardelli
Roma. Fine del lieto fine. Hollywood ha deciso che ci sono rimaste due strade: preferire la carriera a lui, tanto anche se l’amore resta la tristezza passa, come in “LaLaLand”, o conciliare, perfino unire la sua carriera alla tua, correndo però l’enorme rischio di finire come Lady Gaga in “A star is born” e cioè vedova, tutt’altro che allegra. È triste, e non c’è modo che non lo sia: nessun esorcismo culturale (neppure i podcast di Michela Murgia) ci libererà mai davvero dal desiderio e dal bisogno dell’altro, e nessun training (psicoterapico, ginnico, spirituale, artistico, paracriminale) scorporerà l’uno dall’altro. A meno che non ci si riesca a convincere che “siamo noi il nostro lieto fine, il nostro ballo di Cenerentola”. Così scrive nel suo “Volevo essere una vedova” Chiara Moscardelli, che dieci anni fa voleva essere una gatta morta perché (lo spiegava nel libro omonimo) le donne a cui pesa la borsa, eternamente bisognose, lagnose, pensose, gelose non restano mai sole, sono sempre accompagnate, spesso perfino ben accompagnate, a scapito delle altre, specie se indipendenti, divertenti, intraprendenti, che più sono tutto questo e più, se sole (single) scatenano interrogazioni (non parlamentari, ma comunque pubbliche, molto pubbliche). “Come mai non è sposata? E come mai non ha figli? Non sa che c’è poco tempo?”, a Moscardelli lo hanno chiesto in tanti, amici, familiari, ginecologi, dentisti, ortopedici, fino a che lei non ha risposto: “Sono vedova”, naturalmente senza che fosse vero. E allora, per la prima volta, si è sentita dire: “Ma sei così giovane!”, e nessuno l’ha allertata, né accusata di niente, perché “se sei vedova, significa che un marito lo hai avuto e se ora non lo hai più non è colpa tua”.
Da quando voleva essere una gatta morta per trovare un uomo, prima un principe, poi un professionista, poi un alfabetizzato medio, e poi uno qualsiasi, purché esistesse e la portasse a cena, perché il desiderio di essere amata era stato sostituito dal bisogno di avere un uomo, cioè uno status, sono trascorsi dieci anni di tragicomici tentativi, ripensamenti di sé, e naturalmente psicoterapia, la migliore amica di tutti, la sola capace di dirti, e forse convincerti, che il centro sei tu, che la vita è tua, e accanto a te non hai che te. Bridget Jones ci aveva levato dalla testa il bello e maledetto, smitizzando il principe e anche le diete e i sussidiari di seduzione, e ci aveva detto: non cercatelo ma comunque fategli spazio, accoglietelo come la parte migliore di voi, quella che vi dice che andate bene così come siete. Non ci aveva mai detto: potrebbe non arrivare. Moscardelli invece lo dice, e aggiunge che potrebbe non essere un problema, ma questo non ci libererà dal peso degli anni, perché per le donne invecchiare da sole sarà sempre più difficile: sconvolge gli altri, e a nessuno piace sconvolgere gli altri (il rock è finito e Di Maio è diventato doroteo) , tant’è che “Shakespeare nei suoi drammi ci uccideva ancora giovani per risparmiarci l’umiliazione della vecchiaia”. Una condizione che sta allargandosi e che prima o poi diventerà anch’essa status, allora, potrebbe essere la vedovanza per amore di sé e senza spargimento di sangue.
Il chick lit divertente, rivelatore ma consolatore è finito, più finito del lieto fine: c’è da dare spazio, ascolto e dignità a una possibilità nuova, quella del vivere felici e contenti in compagnia di se stessi e basta. Per ora, quando vi domanderanno come mai siete single, rispondete – con vittimistico tono di gatta morta – che vostro marito è morto: non vi solleverà, ammesso che abbiate bisogno di sollievo, ma vi darà l’esatta misura del tempo che vi resta o che avete già consumato: il possesso. Il tempo è vostro, e solo voi potete decidere se e come contarlo: come la vita, è una questione di punti di vista. Ps. Il libro è uscito due giorni fa ed è in ristampa. Le consolazioni non le cerca più nessuno e le nuove verità, invece, tutti.