Esistessero davvero i fascisti, saprebbero chi era il gran pittore di “Palazzo M”
In morte di Paolo Fiorentino, artista aristotelico e nostalgico
Che i fascisti siano oggi poco più di un’invenzione degli antifascisti è dimostrato non soltanto dai risultati delle europee (Casa Pound 0,33 per cento, Forza Nuova 0,15 per cento) ma anche dall’ombra in cui viveva Paolo Fiorentino, eccellente pittore morto a Roma dove era nato nel 1965.
Esistessero davvero sindaci fascisti, assessori fascisti, collezionisti fascisti, intellettuali fascisti, o anche solo simpatizzanti, negli ultimi anni ci sarebbe stato un pullulare di sue mostre. Perché i suoi quadri erano il correlativo pittorico della famosa frase “Mussolini ha fatto anche cose buone”. Nel 2013 lo inserii in “Eccellenti pittori” (Marsilio) dopo essere rimasto folgorato da “Palazzo M”, opera che raffigura, trasfigura, riconfigura il grande edificio di Latina la cui pianta riproduce, gigantesca adulazione, la lettera iniziale del cognome ducesco. Quando vidi dal vero l’architettura di Frezzotti non ne rimasi per nulla impressionato: come Le Corbusier rimase deluso dai grattacieli di New York, trovandoli troppo bassi, io rimasi deluso dai palazzi pubblici di Latina, trovandoli troppo poco monumentali. Almeno nel caso di Palazzo M la colpa non era tanto dell’architetto ma degli americani che lo bombardarono durante lo sbarco di Anzio, abbattendone l’orgogliosa torre. Quando vidi la pittura di Fiorentino invece sì che rimasi impressionato: con pietà patriottica e superiore perizia, oltre che con grafite, acrilico e smalto, aveva ripristinato la torre.
Considero “Palazzo M” il capolavoro di un pittore aristotelico ossia devoto alle “supreme forme del bello: l’ordine, la simmetria e il definito”. Duccio Trombadori scrisse che le sue “tipologie urbane paiono estratte da un manuale di civiltà sepolte”: Fiorentino era infatti neometafisico, nostalgico, quasi archeologico, logicamente attratto dall’Eur (anche se quando lo conobbi aveva lo studio a San Lorenzo). Era entrato nelle collezioni della Camera dei deputati, della Galleria d’Arte Moderna e di Bulgari, aveva partecipato nel 1996 alla Quadriennale, nel 2002 al Premio Michetti (vincendolo), nel 2004 a un’importante mostra al Macro di Roma, nel 2007 a un’importante mostra allo Tfam di Taipei, ma negli ultimi tempi si era defilato. Non era sui social, e stare fuori da Facebook e Instagram è elegante quanto rischioso, ci vuole niente a cadere nel dimenticatoio. Non lo vedevo più negli elenchi dei partecipanti alle mostre. Non mi mandava più immagini di quadri da pubblicare su Eccellenti Pittori (profilo per l’appunto Instagram…). Ebbi la sensazione che si stesse disamorando della pittura. Lo conferma su Exibart il suo amico e collega Massimo Livadiotti: “Ormai dipingeva poco, sintomo anche di un malessere e un certo disgusto per il mondo attuale dell’arte in genere”. Esistessero davvero tutti questi fascisti, qualcuno lo avrebbe estratto dall’isolamento organizzandogli una meravigliosa mostra sull’architettura del Ventennio. Ma non esistono se non nella mente binaria degli antifascisti. L’architettura del Ventennio invece esiste eccome e i funerali si terranno oggi alle 10 e 30 nella chiesa di piazza Ungheria, architetto Clemente Busiri Vici, anno 1933. Scelta perfetta.