Lui, lei, “Persone normali” che vogliono smettere di amarsi per amare ancora
L’ultimo romanzo di Sally Rooney, il caso editoriale millennial
Quando Marianne e Connell, liceali, finiscono di fare l’amore, la prima volta che lo fanno, lei dice a lui “Mi piaci un sacco” e lui, che ricambia e ricambierà per molti anni a venire, forse per sempre, e di certo sempre di più, si sente “sopraffatto da una gradevole desolazione”. Era già “La Salinger della Generazione Snapchat”, Sally Rooney, quando ha scritto questa scena che sta nelle prime pagine del suo secondo romanzo, Persone Normali, che ci dà qualcosa di cui parlare da diverse settimane, perché di Rooney siamo pazzi tutti, pure Emily Ratajkowski, che l’ha scoperta su consiglio di Lena Dunham, e chi lo sa se vedere le pagine dei suoi libri sottolineate nelle Instagram stories di una modella che si spalma gli spaghetti addosso dà qualche grattacapo a una che è “romanziera marxista irlandese”.
Tuttavia, Rooney ha pur sempre 28 anni, non sarà una nativa digitale ma è comunque una millennial, e infatti tutti dicono di lei che i suoi libri sono i grandi romanzi della sua generazione. Qualche settimana fa, quando Bret Easton Ellis è tornato a dire, in un’intervista al Sunday Times, che i millennial sono una generazione di ridicoli pappemolli spaventati da tutto tant’è che non esiste neppure uno scrittore millennial, gli è stato chiesto se avesse letto lei, ma lui ha risposto chi?, guadagnandosi molto ininteressante sdegno – qui riconosceremo sempre il diritto a detestare giovani di cui non si sa niente, innanzitutto perché è poetico.
Sally Rooney parla di noi?, si sono chiesti a Rivista Studio, e la risposta è sì, perché questo romanzo sarà il nostro “Come eravamo”, e parla di un noi molto largo, diciamo universale, che sta sotto le narrazioni correnti generazionali, sotto le dipendenze, le abitudini, le ottusità, le semplificazioni. Un noi duro, crudo e sconquassato. Pappemolli, dice Ellis. Non ha torto, ma è impreciso: spappolati è più corretto. Un mio amico molto fidato e parecchio intelligente, quando ha letto Persone Normali, mi ha detto: “Leggilo, è strepitoso, parla di due che si amano e non si capisce perché non riescano a stare insieme”. Non vedo l’ora di richiamarlo per dirgli che si capisce benissimo, invece, ma lui ha cinquant’anni e non ha idea di che zombie sia l’amore, per chi è nato dopo gli anni Ottanta, e soprattutto tra gli anni Ottanta e i Novanta. C’è quel verso di Inverno di De Andrè che fa “Anche la luce sembra morire nell’ombra incerta di un divenire”, ed è la luce che c’è in tutto questo romanzo, tra le pagine chiare e le pagine scure. Allora. Ci sono il bello bravo povero Connell e la bruttina contorta ricca Marianne – per molti è un tributo a Jane Austen, nessuno ha pensato a “So long, Marianne, it’s time that we began to laugh and cry and cry and cry”, e che peccato, perché il dramma di questa Marianne è proprio che il tempo di sorridere e piangere non arriva mai, viene evitato sempre.
La madre di lui fa le pulizie a casa della madre di lei. Lui è molto popolare, lei è una snob. Lui bada all’opinione degli altri, lei no. Lui scrive, lei legge. Scopano. Sono amici. Scopano. Sono amici. Scopano. Vanno al college insieme. Scopano. Sono meno amici. Non si scrivono più. Si videochiamano. Sono felici di discutere di politica. Si guardano fidanzarsi con altri. Sono felici l’una per l’altro e viceversa. Un po’ si perdono. Si ritrovano a un funerale. Si baciano. Si amano. Ma non finisce bene, soprattutto per l’amore. Per tutto il tempo, i mesi, gli anni, Marianne e Connell si amano aspettando che finisca, sperando sempre che passi, facendo sempre in modo che non resti – “ho iniziato a provare dei sentimenti per te”, “devi semplicemente reprimerli”. Evitano di capirsi anche quando si capiscono, si feriscono per separarsi, si separano per aiutarsi, si aiutano per rimuoversi senza cancellarsi. “Connell ha realmente voluto morire, ma non ha mai realmente voluto che Marianne lo dimenticasse. Questa è l’unica parte di sé che vuole salvare, la parte che esiste dentro di lei”. È un grande amore, no? Eppure, non basta. Non conta.
Quello che si daranno, M&C, e quello che vorremo sempre di più farci dare dall’amore, è la libertà di potersi abbandonare in vista di un bene più grande: il proprio singolo bene.