Addio a Valeria Valeri, donna libera e attrice grande tra i grandi
“Non è una persona che possa immaginare non gioiosa, non viva”. Milena Vukotic e Patrick Rossi Gastaldi ricordano l'artista, scomparsa a 97 anni
Valeria Valeri se n’è andata. Scompare un secolo d’intelligenza, di eleganza, di risate caleidoscopiche, scompare un senso di libertà. “Non è una persona che possa immaginare non gioiosa, non viva”, commenta affranta Milena Vukotic, impegnata nel ruolo di sua figlia nel "Giornalino di Gian Burrasca", diretto in televisione nel 1964 dal prossimo premio Oscar alla carriera Lina Wertmüller, anche lei sua grande amica. Con Milena Vukotic, Valeri era poi tornata a teatro negli ultimi anni, due signore diverse e complementari nello spettacolo teatrale "Le fuggitive". Era il 2012 e avevano quell’alchimia di eleganza e sicurezza rara da vedere su un palcoscenico. “Sono desolata”, continua Vukotic, che domani la ricorderà in televisione. “Sono andata a farle visita nell’ultimo posto in cui è stata, in una casa di cura, e ho ritrovato la stessa complicità che avevamo, la grande e profonda amicizia che vivevamo sin da Gian Burrasca. Mi aveva preso sotto la sua protezione, sempre in un modo allegro, con la gioia che sapeva comunicare. È stato un periodo magnifico”.
Oltre settant’anni di carriera, tra teatro, televisione, cinema e doppiaggio, grande tra i grandi, ha avuto sodalizi artistici intensi e fertili, come quello con Paolo Ferrari. Era eccellente nei ruoli drammatici, il talento le permetteva di essere tutto ciò che voleva, e lei ha prediletto la commedia, dove forse si è riparata come una fuggitiva, che però fonda un regno.
Il regista Patrick Rossi Gastaldi conosce bene Valeria Valeri, negli anni Novanta hanno lavorato insieme a diverse commedie e tra loro c’era un’intesa indescrivibile: “Il nostro rapporto era basato sul piacere del teatro e sul piacere di stare insieme. Lei si sentiva molto vicina a me e io molto vicino a lei, nonostante l’età diversa”. A teatro a volte la Valeri si sedeva e chiedeva a Patrick di fare la sua parte: “Lei rideva come una matta. Poi recitando ritrovava tutto quello che avevo inventato. Era meravigliosa. L’unico rammarico è di non aver fatto una cosa drammatica con lei… anzi, ora mi torna in mente che realizzammo a teatro l’ultimo atto di "Amici, complici, amanti". Aveva la visione totale della drammaticità del personaggio, anche se non le piaceva farlo. Tirava fuori una sofferenza vissuta che non traspariva nel suo privato”. E prosegue: “Stamattina ho parlato con l’attore Mauro Marino, che ha lavorato spesso con lei, e anche nella morte l’ha vista col sorriso”. Sembra che Valeria Valeri se ne sia andata allontanandosi a passi dolci dalla vita, con forza discreta e tenace, arrendendosi a poco a poco alla smemoratezza, quasi una metafora.
Di lei tutti ricordano la libertà. Pino Strabioli l’ha intervistata più volte, e di tante risposte una l’ha colpito in particolare: “Era una donna sempre avanti con la testa, una donna assolutamente libera. Era una risata libera. Una volta mi raccontò di quando decise di fare l’amore per l’ultima volta, perché pensava che il suo corpo stesse invecchiando. Scelse data e luogo. Andò al mare e fece l’amore”. Anche a Patrick Gastaldi torna in mente una scena in cui questa vitalità emerge nel loro rapporto di pura allegria: “Ricordo una volta che ci siamo baciati in taxi. Il taxista ci guardava. Sembravamo Harold e Maude. Erano gli anni Novanta. La sera del suo compleanno”.
Vita o racconto della vita, quest’energia, questa lucidità spregiudicata sono il segno forte dell’indipendenza di pensiero, di una donna che ha dominato la scena e i suoi spazi. “Quando guarisco, ritorno”, pare dicesse sempre agli amici. Avrebbe trovato loro e il suo pubblico ad aspettarla.