I festeggiamenti di Malagò e del Comitato olimpico italiano dopo l'assegnazione, a Losanna, delle Olimpiadi invernali 2026 a Milano-Cortina (Foto LaPresse)

Ecco Malagò a Cortina. Scene da un film di Vanzina

Michele Masneri

I Giochi del 2026 li ha vinti Milano, ma il comune delle Dolomiti deve molto a Roma e ai Parioli. Dal Dogui ai nuovi cumenda in auricolari, adesso servirebbe una nuova commedia all’italiana

Inutile girarci attorno. La vittoria di Milano-Cortina 2026 – che sembra già un suo titolo – è chiaramente una vittoria di Enrico Vanzina. Amico fraterno di Giovanni Malagò, conoscitore e trionfatore delle Dolomiti, inventore del Dogui, il cumenda, Guido Nicheli, già assurto a simbolo e meme di queste Olimpiadi invernali dell’orgoglio milanese. “Purtroppo non c’è più Nicheli, che in Vacanze di Natale diceva: Milano-Cortina in due giri di Rolex”, ha detto il sindaco di Milano Beppe Sala nella sua nuova incarnazione sciistica. “Sbagliato”, dice sommessamente Vanzina nel suo studio a Monti Parioli (monti dove, con un po’ di coerenza, dovrebbero fare qualche celebrazione nel 2026). “La dicitura esatta è ‘Ivana, fai ballare l’occhio sul tic. Via della Spiga, Hotel Cristallo di Cortina: 2 ore, 54 minuti e 27 secondi’”, dice l’unico rimasto “dei Vanzina”, perché Carlo, il fratello regista, è scomparso da quasi un anno. “Poi Nicheli aggiunse, di suo: ‘Alboreto is nothing’, fu un’ invenzione geniale che non c’era nel copione. Lui si inventava queste frasi, parlava così. Quando l’abbiamo conosciuto faceva il rappresentante di whisky, aveva un cane che si chiamava Utah, e questa moglie di cui s’era stufato. Arriva e mi fa: ‘E’ stato un momento esaltante’” (Vanzina fa l’imitazione del Dogui, e qui un’avvertenza, il Vanzina scritto non rende, richiederebbe un podcast perché fa tutte le voci, imita perfettamente, è un grandissimo raccontatore). “‘Mi sono accorto che mi ero rotto le palle’, dice il Dogui. Che spiega: ‘Appartamento Vecchia Milano, corridoio stanza di qua-stanza di là. Vedo la mia signora che sta guardando la televisione. Prendo il corridoio e dico: cambio cavallo’ – e se ne andò per sempre di casa”. “Il Dogui cominciò con una piccolissima parte in un film di papà (il papà è Steno, per i più piccoli). ‘Il padrone e l’operaio’, con Pozzetto e Teo Teocoli, stavamo girando a Porto Ercole, e ci invita a casa Marta Marzotto. Portiamo anche lui, ed era elegantissimo come al solito, con quelle sue giacche, e la Marzotto pensa che sia un miliardario milanese, e gli dice ‘Guido, venga, si sieda qui vicino a me’, e noi ridevamo, perché sapevamo che era un morto di fame. A un certo punto lui le fa: ‘Uè Marta, qui il vino non mi sembra di categoria. Aprire i forzieri di casa Marzotto! Dai Marta non fare la barbona!’. E lei subito, convinta che fosse che ne so, qualche re degli elettrodomestici, esegue”. Sciava, il dogui? “No, anzi, era un appassionato di mare”, dice Vanzina. “Aveva una classifica – anche qui ci vorrebbe il podcast – famosa: ‘Aal primo posto, taac, sempre prima in pole position la mamma; due, lo spago, taac. Tre, il sole. Quattro il Milan, taac’”.

  

“Milano-Cortina in due giri di Rolex”, ha detto il sindaco di Milano Beppe Sala. “Sbagliato”, ci spiega Enrico Vanzina

I Vanzina hanno inventato i cumenda milanesi, le vacanze romane, e pure il Romano Di Successo. “Mi sono davvero commosso per il risultato. Ho mandato un messaggio a Giovanni, anche lui lo era”. Giovanni è naturalmente Malagò, il presidente del Coni e trionfatore morale dell’avventura olimpica. Sembra un personaggio dei Vanzina, romano elegante col capello al vento e il blazer blu, leggendario concessionario Ferrari, baciamani perfetti tra Sabaudia e il west. Donne famose: Monica Bellucci, Carla Bruni, Anna Falchi e Martina Colombari. Due gemelle prodotte con Lucrezia Lante della Rovere. Malagò – o Megalò, come lo chiamava Susanna Agnelli – è poi “presidente di circolo, figlio di socio di circolo”, sottolinea Vanzina come fossero titoli guadagnati in guerra (il circolo in questione è l’Aniene, i circoli sono una categoria dello spirito romano, a Milano sarebbe un po’ Baretto e un po’ Circolo del Giardino, ma non è la stessa cosa, del resto a Roma il calcetto è come Harvard, gli sport si fanno in città, e la socializzazione si fa a bordo fiume). Amici fraterni con Vanzina. “Giovanni è davvero un’altra categoria”, dice lui. “Questa vittoria è tutta sua, dopo tutte le cose orrende che gli hanno detto contro”. Nei mesi prima del trionfo cortinese, Malagò ha avuto infatti durissimi scontri col governo, che vuole riformare il Coni; tanto da mettere in dubbio che potesse arrivare a fine mandato nel 2021. Il sottosegretario leghista con delega allo sport, Giorgetti, acerrimo nemico, ha detto che “al Coni sono tutti dell’Aniene”, ma che ne deve sapere, lui è di Cazzago Brabbia (pare un paese inventato da Alberto Sordi). Adesso però Malagò è sicuro di ricandidarsi, “ma a Roma potrebbe fare tutto, anche il sindaco”, dice Vanzina. Anche il Papa, volendo. Sembra che nella Roma sfasciata e con le ziggurat di monnezza Malagò sia un precipitato di tutto ciò che funziona. Il romano da esportazione ha raccontato a Repubblica, un po’ piacione, come ha fatto a convincere i membri Cio. “Andando a parlarci. Ognuno ha una storia, interessi, prospettive diverse”. Ecco, appunto, come si fa a convincerli? “Per esempio con la passione per il sigaro, che condivido con alcuni di loro. Oppure, quando parlavo con un indeciso, gli guardavo le scarpe e gli facevo: ‘Ehi, ma queste sono Ferragamo!’. E ancora: ‘Ma tu indossi una cravatta di Marinella’”.

  


 I fratelli Enrico e Carlo Vanzina a Cortina nell'agosto del 1952, per gentile concessione di Enrico Vanzina 


 

“La verità è che Giovanni è un grandissimo uomo di sport”, dice Vanzina, “è la persona che conosce meglio lo sport di tutti, sa di calcio, di tennis, di vela, di automobilismo, di tutto. E’ un fuoriclasse”. “Noi andiamo tutte le domeniche allo stadio insieme, io mi siedo sempre in macchina dietro, anche se siamo soli e se guida lui, per un fatto scaramantico”. Ma non c’è solo lo sport: è famoso per come gestisce i rapporti, scuola Gianni Letta: “Devi vederlo lavorare: sei segretarie, risponde a tutte le mail e tutte le telefonate in tempo reale”. Insomma, mentre a Roma riapre la metro chiusa otto mesi, il re dei circoli, il grande giocatore di calcetto, pare il messia. Il fatto è che è un messia vanziniano. Non solo per la frequentazione.

         

“Beh, sì, è vero, lui ci ha ispirato Luca Covelli, il fratello di Christian De Sica nel primo Vacanze di Natale, quello che si innamora di Serenella-Antonella Interlenghi, tifosissimo di calcio che parla tutto a sentenze, proprio come Malagò: “Quindici-zero battuta regolare; a me potrebbe impensierire soltanto Patrizio Oliva sugli spalti di Roma-Napoli”. E non solo. “C’è pure un episodio in Yuppies, quando Ezio Greggio concessionario d’auto davanti al night dà le chiavi della Rolls Royce a uno che crede un posteggiatore, e quello scappa con la macchina, era un episodio successo veramente a Malagò a Roma, una notte”. Malagò per i Vanzina è stato anche il collegamento col mondo agnellesco, che pure è centrale nel loro cinema. “Io e Giovanni andavamo spesso a vedere Juventus-Roma a Torino, invitati dall’Avvocato, con l’elicottero. E lì… tutto, la bagna cauda, il conte Nuvoletti, donna Marella!”.

 

 

I Vanzina hanno inventato i cumenda milanesi, il Dogui, ma anche le vacanze romane, e perfino il Romano Di Successo 

Nel finale di Yuppies, quando loro mangiano aragoste naturalmente a Cortina, al Caminetto, sopra di loro arriva Agnelli in elicottero. “L’Avvocato l’ho conosciuto abbastanza bene, perché ero compagno di banco di Samaritana Rattazzi, la nipote” (la scuola era ovviamente lo Chateaubriand). “Poi tramite Malagò, per ragioni sportive, e siamo rimasti amici. Mi interrogava sulle donne. ‘Mi pavli di quella giovane attvice’ (fa l’imitazione dell’Avvocato). Ci chiamava per vedere i film, quando abbiamo fatto ‘South Kensington’, lui era pazzo di Elle McPherson, vovvei vedeve quel filmetto con la piccola Elle’, diceva, i film glieli facevamo vedere a Roma in una saletta del doppiaggio, lui, Suni e a volte Mario D’Urso”. Gli Agnelli erano un tormentone a Cortina: “Papà, tu ti metti l’orologio sul polsino come Gianni Agnelli!”, dice Christian De Sica nella scena più trasformativa di Vacanze di Natale.

 


A Cortina c'è tutto, è città e montagna insieme, racconta Vanzina. "E poi lì da ragazzo ho avuto il primo lavoro, pianista da piano bar"


 

E poi c’era il conte Nuvoletti. Cognato di Gianni. Detto l’Autonobile: era un improbabile aristocratico mantovano, esperto di cucina e di signore agées, che a un certo punto aveva impalmato Clara Agnelli Fürstenberg (“a Capodanno siamo dai Fürstenberg” strepita la signora Covelli nel primo Vacanze). “Aveva inventato un modo di vestire, con le pellicce da uomo, quelle giacche assurde, tirolesi che poi si diffusero a tutta Cortina, con quella mania di vestire in dirndl”, dice Vanzina. Nuvoletti si era divertito anche a interpretare piccole parti al cinema (tra cui l’indimenticato chirurgo Azzerini nel “Prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue”, con Ira Fürstenberg sua figliastra che fa l’infermiera). Anche qui dunque cinema e anche qui Alberto Sordi. Nuvoletti viene evocato in una scena fondamentale delle Finte Bionde (1989), film di poco successo perché quasi sperimentale nel suo feroce iperrealismo documentaristico. Il solito gruppo romano cerca posto in uno dei ristoranti carissimi all’aperto, il Caminetto, e poi molto soddisfatto lo trova. Il cameriere dice: “Siete fortunati, era il tavolo del conte Nuvoletti”. Loro estasiati. Replica del cameriere: “Il conte ha disdetto all’ultimo, ha detto che ci sono in giro troppi romani”.

  


Ezio Greggio, Jerry Calà, Massimo Boldi e Cristian De Sica in una scena del film "Yuppies" (Foto Wikipedia)


  

Nei mesi prima del trionfo cortinese, Malagò ha avuto infatti durissimi scontri col governo, che vuole riformare il Coni 

Insomma uno dei topos vanziniani è che i romani amano Cortina (abbastanza incomprensibile) mentre Cortina li schifa (questo già si capisce di più). “Eppure adesso doveva venire un romano a fargli vincere le Olimpiadi”, dice Vanzina orgoglioso. Il Caminetto poi ritorna ossessivamente perché, forse, si chiama come un omonimo ristorante identitario “a viale Parioli, sì, hai visto? Ha appena chiuso”, si fa serio Vanzina. Però la questione rimane: perché i romani si ostinano a andare a Cortina, così lontana, così bruttina, anche? “I romani non lo so perché, non c’è stato neanche qualcuno che ci sia andato per primo, che abbia dato l’esempio. Però, sai, a Roma non avevamo Courmayeur vicino, avevamo il Terminillo, ecco. Chi poteva insomma partiva per Cortina”, dice Vanzina. “E certo è lontana, è vero. In macchina era un viaggio bestiale, da Roma. Ma ai miei tempi le ferie duravano tanto, d’inverno si partiva il 23 dicembre da Roma e si tornava il sei-sette gennaio. D’estate, un mese e mezzo, chi aveva la casa. Io non l’ho mai avuta, mio fratello Carlo sì, e mia madre viveva lì sei mesi l’anno”.

Vanzina si commuove un po’: “Se chiudo gli occhi, uno dei ricordi più belli della mia vita è il treno, il famoso treno che partiva prima di Natale dalla stazione Termini di Roma, con una fila di venti carrozze-letto, e tutti i romani che andavano a sciare, con le signore con le pellicce, i porteur con le valigie, le tate tedesche, le mademoiselles francesi, ci si conosceva tutti… I bambini si svegliavano apposta alle cinque per vedere la neve, la prima neve. Arrivava il treno dei romani a Cortina”.

Dice Vanzina di Malagò: “Devi vederlo lavorare: sei segretarie, risponde a tutte le mail e tutte le telefonate in tempo reale”

Ma basta con ’sto mito di Cortina. Qualunque paesino dell’Alto Adige è più bello. “Ma che dici. E’ uno dei posti più belli del mondo!”. Si indigna Vanzina. “Innanzitutto il colpo d’occhio, te lo dico da regista. Il colpo d’occhio che hai sulla conca di Cortina non ce l’hai da nessuna altra parte. Io sono andato a sciare in tutto il mondo, da Gstaad a Sankt Moritz. Solo ad Aspen, forse, c’è qualcosa di simile, però è molto alto, e poi non ciai quella conca lì. Sankt Moritz non esiste, Kitzbuhel non ne parliamo. Tu arrivi a Cortina e dici: questo è il posto più bello del mondo”. E’ in trance. “Poi quando ci andavano i nostri genitori Cortina era già diventata un posto chic a livello internazionale, forse grazie a Hemingway, che ne so. C’erano i pittori e gli scrittori. Noi da piccoli andavamo in un hotel che si chiamava hotel Corona, non lussuoso ma elegante. Ci stavano Carrà, De Pisis, Campigli, Sironi. Io da piccolo facevo le passeggiate con Sironi, per dire. Poi c’erano Pietro Garinei, Enzo Biagi, Dino Risi. D’estate facevano quello che Dino Risi chiamava il viale del tramonto, la passeggiata sulla strada della Ferrovia, con Montanelli, Biagi e Pietro Barilla”.

 

“Vacanze di Natale” e “Yuppies”, i personaggi ispirati alla Roma di un tempo e il ristorante il Caminetto, a Cortina e ai Parioli

 

S’è ingarellato. “Su Cortina posso parlare quaranta ore”, dice, accendendosi una sigaretta. Senti questa. “David Niven stava girando a Cortina la Pantera Rosa, a un certo punto durante le riprese su al Faloria, gli si era ghiacciata ‘la parte intima’, lo riportarono giù in paese e lo ricoverano al bar del Posta. Credo che ci fosse già il celebre Pupìn come concierge, e Niven disse solo: cazzo gelato, due parole che gli avevano forse insegnato in italiano, e Pupìn non fece una piega, disse solo wait, e tornò dopo pochi istanti con una coppa colma di cognac, lo portò in bagno, e gli fece infilare il coso nel cognac, e pare che Niven si rianimò subito. Cortina ha una grande tradizione di portieri d’albergo. Stupenda no?”.

Ci sono le leggende dei grand hotel e c’è l’infanzia – i due fratelli Vanzina sciavano benissimo, “papà ci teneva molto”. “Ai bambini che sciavano bene consentivano poi di fare un trimestre a scuola qui”. L’erasmus a Cortina. “Poi c’era il grande ospedale Codivilla, dove ci si andava a curare per le malattie polmonari, perché l’aria di Cortina è particolarmente salubre”. Altra cosa, “l’altitudine, è solo 1.200, quindi va bene anche per i cuori fragili. Insomma, a Cortina c’è tutto, è città ma è montagna, ha i servizi, le farmacie, le librerie, tutti i vantaggi della città e tutti quelli della montagna”. Tutto perfetto, magnifico? “Ma no, ha anche i suoi lati negativi: è collegata malissimo con le piste, per sciare devi sempre prendere la macchina. E poi a un certo punto è arrivata la seconda ondata, quella del Nordest: gli unici che si possono permettere i prezzi al metroquadro. Come Capri, che adesso sembra un quartiere di Napoli”. Però niente, Vanzina la adora, Cortina. “Ah, la Cooperativa, che meraviglia. E poi le brasiliane! Febbraio coincideva con le vacanze estive delle brasiliane e delle argentine. Così arrivavano queste bellissime e non ce n’era più nessuno”. “Cortina l’ho amata molto, sì. Finché è morta mia madre. Poi, dal 1993, ho fatto molta fatica a tornarci”.

  

“Milano è sempre molto legata ai soldi, all’economia, dipende troppo dai soldi, dai dané”. Ma sulle Olimpiadi sono stati bravi 

Cortina è stata però anche il lavoro. Il cinema. “Non solo il primo Vacanze di Natale, ma tanti altri film: Le finte bionde, Yuppies, I miei primi 40 anni”. E “Un ciclone in famiglia”, “una serie che ha avuto molto successo. Siccome praticamente tutti i film d’Italia sono girati in Prati, noi volevamo fare una cosa fatta bene, allora per ogni episodio andavamo in un posto diverso. Uno in Sudafrica, uno a Londra, uno in Norvegia”. “C’era un episodio che dovevamo girare in Canada, con la storia di due turisti che andavano lì in camper, e però c’erano dei problemi, allora Carlo, che conosceva Cortina meglio di me, decide di girarlo lì, lontano dal centro, su in montagna. Abbiamo messo le Giubbe rosse al lago Ghedina, perfetto. Qualche anno dopo incontro in spiaggia a Fregene una coppia di amici che era appena tornata dal Canada, “ti dobbiamo ringraziare”, mi fanno. “Abbiamo ritrovato proprio tutti i posti che c’erano nella serie”.

 

Tempo quasi finito. Faccio ballare l’occhio sul tic. Il sindaco Sala non sarà un po’ lui il nuovo Dogui della Milano che funziona? Con le calzette e gli sci. “Mah, non so, non lo conosco”, dice Vanzina diplomatico. Però questi milanesi a Cortina non ci sono mai andati tanto. “Non è del tutto vero. Tanti nostri amici ci venivano, da Milano. Certo, è vero, magari vanno più a Courmayeur o in Engadina”. Ci andavano i vostri Yuppies. “Carlo, che leggeva tutti i giornali internazionali, si rese conto di questo fenomeno, questi ragazzotti, professionisti urbani, che si sentono stocazzo, c’erano anche in Italia, studiammo un po’ e ci accorgemmo che però erano dei personaggi da commedia all’italiana, erano dei sopravvissuti di Sordi. Sognavano Agnelli ma poi litigavano sulle cotolette al ristorante: non avrebbero mai potuto stare a New York”. Dovresti fare un nuovo film sugli Yuppies di oggi. Sorride. “Li vedi sul Frecciarossa, tutti con le auricolari Apple, son tutti senior vicepresident di qualcosa, stanno su Instagram, sono cialtroneschi come quelli di allora, si scambiano biglietti da visita, si scrivono mail con scritto car* tutt*. Sono ambientalisti, abitano al Bosco verticale, vanno a vedere i film all’Anteo, a fare il bagno ai Bagni misteriosi. Mi fanno paura un po’”. Adesso chissà con le Olimpiadi il livello di tracotanza dei milanesi dove arriverà. “Ma no, son stati bravissimi. Che gli vuoi dire”. “Milano è sempre molto legata ai soldi, all’economia, dipende troppo dai soldi, dai dané. Cambia l’epoca ma si giudica tutto solo in base ai dané. Finché ci sono va tutto bene. Ma quando c’è una crisi la città va nel panico. Invece noi siamo più abituati. Roma è disfatta, non c’è neanche bisogno di parlarne. E loro sono stati bravi”.

  

“Il colpo d’occhio che hai sulla conca di Cortina non ce l’hai da nessuna altra parte. E io ho sciato in tutto il mondo”, dice Vanzina 

Taaac. Torniamo dove tutto nacque. “L’idea del primo Vacanze venne il giorno dopo Sapore di mare, la prima al cinema Empire di Roma, epocale; il produttore Aurelio De Laurentiis ci dice: vediamoci domani. Andiamo a colazione al Moro e ci dice: io ho i diritti di un vecchio film, Vacanze d’inverno’. Noi lo amavamo pazzamente”. Camillo Mastrocinque (1959) dirige Vittorio De Sica che fa il portiere d’albergo a Cortina e Alberto Sordi è invece Alberto Moretti, ragioniere che ha appena pagato l’ultima rata della sua Seicento e dopo venti ore al volante finalmente raggiunge la splendida cornice della perla delle Dolomiti insieme alla figlia. Tutto parte da lì. “Così facciamo una specie di Sapore di mare però ambientato oggi, sulla neve. Con l’idea di metterci quelle musiche da videoclip: che viene dalla teoria di Dino Risi del Sorpasso: mettici le musiche di oggi, e ti si contestualizza subito tutto il film”. “Carlo fece la ricerca delle musiche di quell’anno, mentre io mi occupai di quelle che Billo suona al piano bar. Avevo due amici, Antonio e Marcello, quelli che poi andarono da Magalli, ma allora facevano il pianobar al Bella blu e al Jackie O’”.

   

Cortina è un luogo romanissimo, dove i milanesi non si avvicinano. “Magari vanno più a Courmayeur o in Engadina”

“E poi a Cortina da ragazzo avevo avuto il mio primo lavoro, pianista da pianobar”. Ma dunque… Billo c’est toi. Ecco l’agnizione. “Ero con Luca Montezemolo, io avevo diciott’anni, Luca uno di più. Lui all’epoca faceva i rally, partimmo da Roma con questa Lancia Fulvia, ci fermammo a dormire da suo nonno a Bologna, e arriviamo a Cortina, dove io m’innamoro perdutamente di una ragazza che faceva la deejay al Kings: era il locale più divertente che ci sia mai stato in Italia. Io mi innamoro di questa Jane, così si chiamava, solo che dopo cinque giorni abbiamo finiti i soldi, ma io non voglio tornare a Roma, devo trovare un sistema. Chiamo mio padre, ma non mi dà una lira, il padre di Luca lo stesso. Intanto sotto il Kings c’è un altro locale, e lì chiedo al pianista se posso fare qualche lavoretto. Io sapevo suonare, lui mi fa provare, e mi prende come secondo pianista: dopo che ha suonato lui, per un’oretta, attacco io. Facevo le canzoni di Tenco, di Gino Paoli. E stavo sotto Jane. E’ stato il periodo più bello della mia vita. Capii che di notte, suonando, con le donne, si capiscono molte cose e possono accadere molte cose”. “Aspetta. Tu non guardare”. Mi porta in una stanza semibuia, su un piano ci sono foto sue con Christian De Sica, un’altra con la mamma. Un pianoforte. Attacca “I like Chopin”, e viene un po’ la pelle d’oca e la nostalgia. “Non lo sapevi che sapevo suonare il piano eh?”. Ride. “Che poi dopo tanti anni conosco un tizio di Vicenza e mi fa: ah, anche tu la Jane? Se la faceva pure con lui, allo stesso tempo. Capito, il grande amore?”.

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