Il modello Independent batte l'Evening Standard
Stesso editore, due scelte diverse, risultati opposti (vince il primo)
Roma. Dieci anni fa il miliardario russo Aleksandr Lebedev ha acquistato due grandi quotidiani britannici, l’Evening Standard e l’Independent, al prezzo simbolico di un pound (circa 1.10 euro), e si è impegnato a rilanciare le testate in grave crisi. Lebedev ha applicato due strategie editoriali molto diverse, ottenendo dei risultati contraddittori. L’Evening Standard ha annunciato di avere perso quasi 12 milioni di sterline lo scorso anno che, sommati all’anno precedente, fanno 23 milioni. Le copie distribuite sono stabili attorno a 800 mila ma il quotidiano ha risentito della crisi della pubblicità, che è la sua unica fonte di sopravvivenza. La strategia di espansione digitale ha fatto guadagnare molti nuovi lettori ma non ha ripianato i bilanci dissestati del giornale.
L’Evening Standard non chiude in attivo dal 2016, e la situazione non è migliorata sotto la direzione di George Osborne, l’ex cancelliere dello Scacchiere di David Cameron, famoso per le rigide e controverse politiche di austerity che avevano risanato l’economia britannica dopo la crisi del 2008. Anche nella sua nuova veste, Osborne ha fatto dei tagli – lo scorso mese ha fuso la redazione online con i giornalisti del cartaceo e ha licenziato molti redattori, a partire dai due critici teatrali – per rimettere i conti in ordine. La priorità è guadagnare lettori internazionali sull’edizione online, anche a costo di snaturare l’identità del giornale, che dà ampio spazio alla cronaca locale di Londra. Ai giornalisti digitali è stato consegnato un manuale svelato dal Guardian con le linee guida per scrivere gli articoli. La prima regola è pubblicare storie leggere e provocanti – che interessano ai lettori al di fuori dell’Inghilterra – per creare polemiche e attrarre clic in rete. I pezzi sulla Brexit devono essere incentrati sui “grandi temi, tipo il secondo referendum, non sui dettagli dei negoziati”, e sono vivamente consigliati gli articoli “sull’abbigliamento di Kate Middleton...o sulla principessa che fa cose strane, tipo rimanere incastrata con i tacchi”.
George Osborne, il direttore dell'Evening Standard (Foto LaPresse)
L’Independent ha seguito la strategia opposta: ha puntato sui contenuti di qualità per fidelizzare i lettori, e finora ha vinto la scommessa. Anche l’Indy – così viene soprannominato – ha puntato molto sul digitale: è stato il primo giornale inglese a chiudere l’edizione cartacea e spostare tutti i contenuti online nel 2016, nel trentesimo anniversario dalla fondazione. E’ stata una scelta rivoluzionaria che si è rivelata lungimirante: i profitti sono aumentati nel 2016 (3,26 milioni di sterline in attivo) dopo anni di perdite, senza stravolgere l’identità del giornale. L’Independent ha continuato a fare un giornalismo di grande qualità fidelizzando un bacino di lettori che sono disposti a pagare per leggere i contenuti online. Il sito si occupa di argomenti seri e pubblica analisi, approfondimenti politici rivolti a un bacino colto e interessato a ciò che avviene fuori dall’Inghilterra. L’abbonamento base costa 6,99 sterline al mese (circa 7.80 euro) e i lettori hanno un accesso illimitato non solo agli articoli ma anche agli eventi organizzati dal giornale e alle newsletter curate dai redattori.
L’Independent non ha molto in comune con l’Evening Standard: è un giornale liberal che la scorsa estate ha avviato una raccolta firme per convocare un secondo referendum sulla Brexit. L’Evening Standard, storicamente di stampo conservatore, oggi riflette l’agenda del suo direttore: una dura opposizione al sindaco laburista Sadiq Khan, e un endorsement per una soft Brexit che limiti i danni per il settore finanziario e per i cittadini europei residenti nel Regno unito. Osborne è stato uno dei critici più feroci di Theresa May, che lo ha licenziato da ministro appena si è insediata a Downing Street, e recentemente si è schierato con Boris Johnson nelle primarie dei conservatori. Ma la crisi del suo giornale è causata più dalla strategia editoriale che non dalla linea politica.