Ah, gli errori letterari
Persone che non vorremmo conoscere nei romanzi e trame che non reggono. Un vademecum per principianti
È bello trovare conforto nelle parole altrui. Per questo conserviamo gelosamente un libriccino intitolato “How Not to Write a Novel”. Viene dall’esperienza di Sandra Newman & Howard Mittelmark, lei romanziera lui editor. 30 anni a leggere manoscritti difettosi, e finalmente la folgorazione. Un bell’elenco degli errori da evitare, perché l’artista principiante – come qualsiasi principiante – non è originale neppure quando sbaglia. Ne hanno messi insieme 200, utili e molto dilettevoli, su trama, personaggi e tutto quanto fa romanzo.
Gli editor (visto che in questi giorni se ne parla) potrebbero dare una sbirciatina. La check-list serve per l’automedicazione, ma tanti romanzi pubblicati e pure celebrati – quindi passati dal dottore con la laurea e il camice bianco – presentano gli stessi sintomi. La penna brillante dei due provvede al nome della malattia, seguita da una spiegazione e da un esempio (spassoso) appositamente fabbricato. Ma più vero del vero, come sa chi nella vita ha conosciuto aspiranti romanzieri.
Mai cominciare, per esempio, con “Dalle mie vacanze”: succede quando lo scrittore scambia un paesaggio per una trama. “Il paradosso di Zenone” – così chiamato per via del paradosso di Achille che non riesce mai a raggiungere la tartaruga partita prima di lui – è quando lo scrittore parte da lontano, ma così da lontano, che l’interesse precipita prima che arrivi al punto. Una trama serve – segue elenco di 37 trame distrutte dai telefoni cellulari – e non vale rimangiarsela appena partita. Se il personaggio sospetta una malattia gravissima, non vale farci palpitare per scoprire dopo poche pagine che la diagnosi era sbagliata.
“Certo, ma nella vita succede”, obietta di solito il romanziere se gli fate notare la debolezza, se non la mancanza, di intreccio (per quanto uno si tenga lontano dai conoscenti muniti di romanzi e in cerca di un parere “sincero ma proprio sincero”, qualche volta sottrarsi è impossibile: la conoscenza si fa subito inimicizia). Newman & Mittelmark hanno la risposta: “Dio può far quel che gli pare, senza preoccuparsi delle coincidenze assurde, o delle pistole che compaiono nel primo capitolo e non sparano mai. Lui non deve preoccuparsi di sedurre e conquistare i lettori. Voi sì” (non credete a chi scrive per suo piacere esclusivo, “che importa pubblicare?” suona sempre di bugia).
Al capitolo “personaggi” spunta una bella varietà di persone che non vorremmo conoscere nella vita, figuriamoci se vogliamo conoscerle in un romanzo (sono stati inventati per essere meno noiosi della vita, non ve l’hanno detto?). All’obiezione “e allora le ‘Brevi interviste con uomini schifosi’ di David Foster Wallace?” diremo che di David Foster Wallace ce n’è uno, e che i personaggi non devono essere amabili bensì interessanti (calcolate voi quanti romanzi italiani sparirebbero, se si applicasse la regola). Se c’è un micio, non deve essere più interessante delle persone che gli stanno intorno. E piano con i nomi da gatto furbetti e accattivanti, come con i libri che vengono citati perché l’eroe li legge, o i brani musicali che vengono citati perché l’eroe li ascolta, o magari con i dolci che vengono citati perché l’eroina dai capelli rossi sta a dieta. Non basterà per renderli simpatici al lettore, se di loro non sapete raccontare nient’altro. Niente parole difficili: sono sul dizionario, non è detto che possano andare libere nel mondo. Vietati anche i sogni: ne è concesso uno soltanto, e va tolto nella seconda stesura.