Bon Marché, Félix Vallotton, 1898

Estate con Mariarosa Mancuso

Amico di carta

Mariarosa Mancuso

Ritrovare vecchie frequentazioni nei romanzi. Balzac, Roth e l’amore degli scrittori per tutto ciò che è materiale

Viene voglia di tornare a visitarli, come vecchi amici. I simpatici e non importuni, non chi si ripresenta dopo che abbiamo perso i contatti (era la promessa di Facebook per accalappiarci, non potendo spiattellare il vero richiamo a sfondo sessuale: destino comune a tutti i nuovi mezzi di comunicazione). Fu più che sufficiente per dire “no grazie”: se abbiamo perso le tracce dei compagni del liceo, e di altre persone conosciute via via, un motivo ci sarà pure stato.

  

Viene voglia di ritrovare gli amici che stanno nei romanzi belli, non importunano né molestano, si fanno trovar pronti a capriccio nostro. Per esempio, il profumiere César Birotteau nel romanzo di Honoré de Balzac con lo stesso titolo (la particella nobiliare era di pura invenzione, anche i giganti hanno le loro debolezze). Per esempio César Birotteau, nato nei dintorni di Tours, che a 14 anni sale a piedi verso Parigi. Per far fortuna, ovvio. Comincia facendo il garzone, così di basso rango che non ha il diritto di sedere alla tavola con i padroni. Corteggia la commessa di un negozio di “novità” (siamo nei primi decenni dell’800): “Scaffalature piene di scialli disposti ad altalena, cravatte sistemate come castelli di carte, e mille altre seduzioni commerciali; prezzi fissi, manifesti, illusioni e effetti ottici portati a un grado di perfezione tale da far diventare i negozi poesie commerciali”.

 

Leggiamo la mercanzia e la troviamo irresistibile. Come troveremo irresistibile la sinfonia di formaggi alle Halles e la fiera del bianco (appena inventata, assieme ai grandi magazzini e alle signore cleptomani) raccontata da Émile Zola in “Al paradiso delle signore”. Come troveremo irresistibile la fiera del guanto e dei guantai di Newark che aprono “Pastorale americana” di Philip Roth. Lo stesso spirito aleggia su “Glamorama” di Bret Easton Ellis, tutta una sinfonia di marchi e marche. I romanzieri bravi non erano distaccati dalle cose materiali, come il più idiota dei luoghi comuni crede debbano essere gli artisti. Balzac era arrivato molto prima di Andy Warhol, del lucido da scarpe Brill, della bottiglia di Coca-Cola e della zuppa Campbell.

    

César Birotteau sposa la merciaia, un matrimonio “felice nei sentimenti e turbato solo dalle ansie del commercio”. Aprono una profumeria con annessa fabbrica, ed è lì che l’ex provinciale dà prova del suo genio. Un vecchio libriccino arabeggiante, comprato a poco prezzo, gli suggerisce l’idea di una crema per sbiancare le mani. La chiamerà “Doppia Crema delle Sultane” (neppure il doppio brodo dei dadi Star è un’idea pubblicitaria del tutto originale). Aggiunge per il viso un’Acqua Carminativa: “carminativa” sta per “magica”, ma anche a non saperlo la compreremmo subito, come abbiamo fatto con la non meno misteriosa “acqua micellare”.

   

Altra idea geniale: la scritta “Approvate dall’Istituto!” - un generico “Istituto di Francia” non meglio specificato. Il foglietto pubblicitario spiega che la ricetta si deve a un medico arabo, messa a punto per le donne del serraglio (da leggersi “harem”, così le femministe insorgono un po’ meno). L’acqua magica è bisex, ottima anche per i maschi dopo la rasatura. Viene in mente un altro vecchio amico che da tempo ci manca: il dottor John Harvey Kellogg raccontato da T. Coraghessan Boyle in “Morti di salute”. La vera storia dell’uomo che alla fine dell’800 inventò i corn flakes, pensava che la carne fosse veleno, e nel suo Sanitarium di Battle Creek forniva ai clienti paganti tutte le pseudo-terapie che crediamo modernissime, inclusa la cura della risata.

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