Il surreale furto di "America", il cesso d'oro di Maurizio Cattelan
L'iconico water da 18 carati è stato rubato un paio di notti fa. Ma dietro potrebbe esserci un'abile strategia comunicativa per promuovere la nuova mostra dell'artista padovano nell'Oxforshire
Blenheim Palace (Oxfordshire) - “Il furto di “America”? Vorrei che fosse uno scherzo, ma il crimine è talmente serio anche se un po’ surreale visto che l’oggetto del furto è un water”. A pochi giorni dalla scomparsa di una delle sue opere d’arte più iconiche, un cesso d’oro in diciotto carati, Maurizio Cattelan dice finalmente la sua su un furto divenuto quasi più famoso di lui. In molti hanno dubitato sulla veridicità dello stesso, noi per primi, una maniera sicuramente originale per far parlare di sé, ma soprattutto di “Victory is not an opinion”, la grande mostra a lui dedicata a Blenheim Palace, capolavoro dell’architettura barocca del diciottesimo secolo nell’Oxfordshire, luogo di nascita di Sir Winston Churchill nonché residenza dei XII Duca e Duchessa di Marlborough. “Chi è così stupido da rubare un water?”, avrebbe dichiarato l’artista padovano più conosciuto e quotato al mondo, per poi precisare che quel wc, in realtà, è in oro diciotto carati e ha un valore di quattro milioni di dollari. Quindi, come dire, chi lo ha fatto, avrà avuto le sue ragioni.
Tutto ha avuto inizio con un silenzio per poi finire in un gran caos, con una toilette distrutta e una continua perdita d’acqua nella stanza che ha portato alla chiusura del museo - patrimonio dell’Unesco - nell’intero week end. Un Arsenio Lupin de’noantri quasi settantenne avrebbe aspettato che tutti i duecentocinquanta invitati lasciassero il castello dopo il Silent Party – la festa super glam in cui si è dovuta rispettare la regola del silenzio assoluto, bevendo champagne e comunicando solo attraverso i gesti o la scrittura su un elegante taccuino realizzato da Pineider - e ne ha approfittato assieme ad altri complici per rubare l’opera, realizzata da Cattelan nel 2016 e già esposta (funzionante) al Guggenheim Museum di New York, usata poi quella sera dagli invitati per fare il photocall con tanto di istruzioni sull’uso e sull’hashtag da mettere su Instagram.
“Maurizio Cattelan produce opere innovative da decenni, quindi è un orgoglio per noi presentare la sua prima mostra personale nel Regno Unito in vent’anni”, dichiarava pochi mesi fa il direttore della Blenheim Art Foundation Michael Frahm, alla presentazione ufficiale. “‘America’ dà il tono per quella che dovrebbe essere una mostra audace e stimolante”, continuava senza pensare affatto che i ladri lo avrebbero preso in parola. Che sia vero o no quel furto, il “cesso” d’oro più costoso della storia non è stato ancora recuperato e il museo al momento chiuso. A L’Aquila, dopo il terremoto del 2009, in molte case del centro storico lasciate incustodite rubarono persino i pomelli dei lavandini e dei bidet, quindi se quell’affaire fosse vero, nessuno si meraviglierebbe poi più di tanto. Come nessuno si meraviglierebbe se ci fosse dietro una strategia di comunicazione studiata tavolino da Cattelan e dal suo entourage. “Sto seguendo l’andamento della vicenda, spero in un lieto fine. È già una replica. Spero che gli altri esemplari abbiano una vita più lunga”, avrebbe aggiunto l’artista, maestro geniale nella provocazione, creatore di opere famose per il loro carattere iperrealistico e audacemente pop volte ad esprimere commenti acuti e satirici sulla società, il potere e l’autorità.
Quel wc, dunque, è stato ed è al centro delle notizie, ma non è la prima volta. Poco dopo l’elezione di Trump, quel luminoso oggetto del desiderio fece parlare di sé dopo il “no” di quest’ultimo a farlo entrare alla Casa Bianca. Lui avrebbe voluto in prestito dal Guggenheim di New York (che nel 2013 ospitò “All”, la prima grande personale di Cattelan) un dipinto di Vincent van Gogh (Landscape With Snow), ma la curatrice del museo, Nancy Spector, declinò quella richiesta per via delle delicate condizioni conservative del dipinto. Offrì in cambio proprio “America”, senza però suscitare la reazione sperata dal presidente. “È una faccenda molto delicata”, rispose Cattelan. Adesso, più che mai, il suo prezioso water si renderà utile, in Inghilterra (o altrove?), questo è sicuro. “Reality is far more provocative than my art”, “la realtà è più provocatoria della mia arte”, scrive l’artista nella brochure della mostra che è visitabile fino al 27 ottobre prossimo e dove troverete un’enorme croce con la bandiera inglese ad accogliervi, il celebre cavallo (Novecento, 1997), il bambino (Untitled, 2000) e il coccodrillo (Ego, 2019) appesi, i gemelli Cattelan sul letto (We, 2010), Papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite (La nona ora, 1999), Hitler in ginocchio (Him, 2001) e gli “altri” che sono piccioni (Others, 2011). Davanti a tutto questo clamore comunque, immaginiamo Cattelan imitare a suo modo Churchill che spronava il popolo britannico a resistere ai nazisti concludendo sempre le sue apparizioni pubbliche con il famoso gesto della “V” di vittoria. Lui mostrerebbe invece il dito medio (che è poi anche un’altra sua opera famosa, L.O.V.E., esposta a Milano in piazza Affari), dimostrando di essere ancora una volta il vero vincitore (più artista, più attore o tutti e due?) di tutta questa storia.