Gli imperialisti buoni
L’uomo soffoca la terra, “riduciamolo”. Scienziati per fermare le nascite (due secoli dopo il reverendo Malthus)
Roma. Duecento anni fa, un parroco anglicano di nome Thomas Robert Malthus pubblicò anonimo il “Saggio sul principio di popolazione”. Era una visione terrificante. Se non è frenata da qualche ostacolo, la popolazione cresce in progressione geometrica, mentre i mezzi di sussistenza crescono in progressione aritmetica, per cui soltanto facilitando il tasso di mortalità si impedisce alle irruenti forze della demografia di superare le risorse alimentari. Malthus biasimava anche le leggi sull’assistenza sociale perché inducevano i ceti più poveri a una natalità indiscriminata. Duecento anni dopo quell’opuscolo, e cinquant’anni dopo che gli incubi malthusiani rifluirono in “The population bomb” di Paul R. Ehrlich, undicimila scienziati ne ripropongono le idee.
Lanciato da William Ripple della Università dell’Oregon e pubblicato sulla rivista Bioscience (250 firmatari vengono dall’Italia), l’appello afferma che la “crisi climatica” è causata dallo “stile di vita” dei paesi ricchi e che per salvare il pianeta serve una sorta di chemioterapia demografica. Meno nascite. Peccato che non c’è alcuna crisi demografica in corso. Nel loro nuovo studio, “Empty Planet: The Shock of Global Population Decline”, Darrell Bricker e John Ibbitson smentiscono gli undicimila. “No, non continueremo ad aggiungere corpi fino a quando il mondo gemerà sotto il peso di undici miliardi; nove miliardi è vicino alla verità, prima che la popolazione inizi a diminuire. No, i tassi di fertilità non sono astronomicamente elevati nei paesi in via di sviluppo; molti di questi sono sotto al tasso di sostituzione. No, l’Africa non è un continente cronicamente impoverito condannato a far crescere per sempre la popolazione mentre non ha le risorse per sostenerla; il continente è dinamico, le sue economie sono in evoluzione e i tassi di natalità stanno diminuendo”. Qualche giorno fa, il Wall Street Journal ha raccontato come la Cina – la grande paura demografica del secolo – abbia oggi il problema opposto. Le mancano milioni di bambini e presto inizierà a perdere popolazione.
La risposta migliore agli undicimila scienziati l’ha fornita un professore di origine indiana che insegna Ingegneria energetica all’Università di Harrisburg, Arvind Ravikumar: “Un gruppo di bianchi nel mondo sviluppato che afferma che la popolazione dovrebbe essere ridotta è la definizione di mentalità imperialista”. L’imperialismo dei buoni. Paul R. Ehrlich sapeva che i suoi piani per frenare le nascite erano a dir poco totalitari: “Si tratta di coercizione? Forse, ma coercizione per una buona causa”. Tutto già visto. Ruth Bader Ginsburg, giudice della Corte suprema degli Stati Uniti, ha confessato: “Francamente ero convinta che ai tempi della decisione Roe vs Wade (sentenza che legalizza l’aborto in America, ndr) vi fosse preoccupazione per la crescita demografica e in particolare per la crescita della parte più indesiderata della popolazione”. Indesiderata… Gregory Pincus la sua pillola anticoncezionale andò a sperimentarla sui poveri di Porto Rico. E quando Indira Gandhi divenne primo ministro dell’India, nominò il figlio Sanjay a capo del controllo delle nascite sotto l’egida dell’Onu: donne sequestrate, deportate in massa, sterilizzate, in nome di teorie partorite da scienziati a migliaia di chilometri di distanza. Come l’economista svedese Goran Ohlin, assistente del segretario delle Nazioni Unite negli anni Ottanta, che si lamentò che “ci sono troppi letti vuoti nei campi per le sterilizzazioni in India”. Vogliono tornare a riempirli. Quando questi geni dicono “siamo troppi”, parlano sempre degli altri, mai di se stessi.