A Verona gli eroi moderni di Giacometti
Fino al 5 aprile alla Gran Guardia la mostra dedicata all'artista svizzero e al suo tempo con le opere provenienti dalla Fondazione Maeght
Alberto Giacometti, Le chien, 1951, bronzo, cm 47 x 100 x 15. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019
Georges Braque, Nature morte à la langouste, 1948-1950, olio su tela, cm 162 x 73. Collezione Adrien Maeght © Galerie Maeght, Paris © Georges Braque by SIAE 2019
Marc Chagall, Devant le tableau, 1968-1971, olio su tela, cm 116 x 89. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Chagall ® by SIAE 2019
Alberto Giacometti, L'homme qui marche I, 1960, bronzo, cm 183 x 26 x 95,5. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019
Alberto Giacometti, La femme cuillère, 1926-1927, bronzo, cm 145 x 51 x 21. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019
Alberto Giacometti, L’objet invisible, 1934-1935, bronzo, cm 155 x 32 x 29. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019
Alberto Giacometti, Diego, 1946, matita su carta, mm 475 x 320. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019
Alberto Giacometti, Portrait de David Sylvester, 1962, matita su carta, mm 505 x 325 Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019
Alberto Giacometti, Femme debout, 1960, bronzo, cm 270 x 35 x 53. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019
Alberto Giacometti, Buste de Diego, 1954 circa bronzo, cm 26,5 x 20,5 x 11 Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (Francia) © Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy 2019
Wassily Kandinsky, Noeud rouge, 1936, olio su tela, cm 89 x 116. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France)
Wassily Kandinsky, Isolément, 1930, olio su cartone, cm 70 x 49. Collezione Julien Maeght © Galerie Maeght, Paris
Joan Miró, Femme et oiseau, 1964, olio su tela, cm 162 x 130. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Successió Miró by SIAE 2019
Georges Braque, Atelier VI, 1950-1951, olio su tela, cm 130 x 162,5. Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght © Claude Germain - Archives Fondation Maeght (France) © Georges Braque by SIAE 2019
Verona. Una città come New York non si è mai lasciata stupire né si stupisce più di tanto, ma quando – sul finire degli anni Cinquanta – furono esposte per la prima volta tre sculture di Alberto Giacometti (1901-1966), furono in molti a capire che stava accadendo qualcosa di nuovo. Davanti alla Chase Manhattan Bank, in un posto che quell’artista originario di Val Bregaglia, in Svizzera, non aveva mai visitato prima, vennero collocate tre sculture: una grande figura femminile in piedi con le mani strette lungo i fianchi, un uomo che cammina alto due metri e una grande testa. Tre opere che divennero ben presto delle icone all’interno dell’opera di Giacometti come nel percorso della scultura del Ventesimo secolo. “Quelle sculture diventeranno degli eroi moderni”, spiega al Foglio Marco Goldin, curatore di Il tempo di Giacometti: da Chagall a Kandisky, capolavori dalla fondazione Maeght, una grande mostra organizzata da Linea d’ombra in programma alla Gran Guardia di Verona fino al 5 aprile del prossimo anno. “Sono figure – aggiunge lui che si è innamorato di Giacometti e della sua opera ai tempi dell’università – che sorgono da un tempo quasi irraggiungibile, disposte a raggiungere o ad attraversare uno spazio, sono distanti e apparentemente immutabili”.
Ognuna di esse, che nella città veneta troverete esposte all’inizio del percorso, ha una vita a sé, ma tutte insieme catturano ancora di più l’attenzione, perché è come se parlassero. Tutte e tre rappresentano quella che Goldin definisce “la sintesi perfetta di quanto Giacometti ha chiesto alla scultura”: essere la rappresentazione di sé e del mondo sacro, essere la brevità della vita e la teoria dell’immenso. Sono di grandi dimensioni, perché Giacometti era sempre contrario alla moda corrente di realizzare sculture piccole per poi farle ingrandire successivamente, come faceva Rodin, al pantografo. No, o lui le faceva così, o proprio non le faceva. Le faceva piccole, poi grandi, poi ancora piccole o più grandi ancora. Il suo era un toccare, un modellare e un plasmare quella materia da cui far uscire figure umane da mandare poi in fonderia fino a diventare quelle che sono ancora oggi. Le donne di Venezia sono due, entrambe del 1956 e c’è la testa di suo fratello Diego - da cui sarà separato per tutta la durata del conflitto mondiale – che è di due anni prima.
“Giacometti è una specie di uomo rinascimentale e completo”, continua Goldin. “Mi è sempre piaciuto per il suo rapporto con il senso della vita, il suo esistenzialismo e il suo potente collegamento con la pittura, la filosofia e la poesia. È un uomo contemporaneo per la profondità della sua avventura umana, ma è anti-contemporaneo perché ha costruito il suo racconto e la sua ricerca sul silenzio, sulla ripetizione continua delle stesse figure, sempre con calma, che è l’esatto contrario di quello che viviamo noi oggi. Era una persona rarissima che aveva, tra l’altro, anche un totale disinteresse per la ricchezza, una maniera francescana la sua, che lo portava ad aiutare tantissimo le persone e a farsi ingannare dalle tante donne che gli giravano attorno, ma lui era felice così”.
Tutte le opere presenti nella mostra veronese (un centinaio, di cui 70 di Giacometti), provengono dalla Fondazione Maeght, fondata dai coniugi Aimé e Marguerite Maeght nel 1964 dove oggi c’è una delle più importanti collezioni in Europa di dipinti, disegni, sculture e opere grafiche del XX secolo. Vi troverete Braque, Chagall, Miró, Kandinsky, Derain, Léger e Calder, presenti con alcune delle opere più significative anche in questa mostra veronese, perché la stessa è un omaggio monografico al maestro svizzero, ma anche uno sguardo decisivo sul tempo che ha caratterizzato la sua vita a Parigi dove decise di abitare dal 1922.
Tra queste, vi colpirà Sole Giallo (1958) di Marc Chagall, che per alcuni elementi – un uomo che abbraccia una donna – ricorda un altro suo quadro, La Mariée (1950) (quello che nel film Notting Hill era il regalo che Julia Roberts faceva a Hugh Grant), anche qui messi in risalto, ma sulla destra, non al centro. Il paesaggio è anche qui composito e privo di coordinate spazio-temporali, come era solito fare il pittore bielorusso. Si ritrova anche una vegetazione ondulata e morbida in cui si intravedono un animale fluttuante e un uccello che suona il violino. Spicca, su tutti, il sole che da’ il titolo all’opera e che è giallo, il colore della vicinanza e del tangibile, la sua visione onirica e personale della realtà. Per Chagall come per lo stesso Giacometti che cercò sempre di muovere l’aria per ascoltare un profumo, la verità non esiste, ma si trova all’interno delle cose e all’interno dello sguardo. Basta solo cercarlo.