L’infinito misura centottanta millimetri per centodiciassette. Sta in una sorta di ottavino (ma le carte sono dieci) composto di bifogli rigati dai margini irregolari, ripiegati a metà e confezionati a quadernetto. Le prime quattro carte, interfogliate, sono infilate una nell’altra. La quinta carta, inserita quasi casualmente, con una lacerazione all’angolo superiore sinistro, vergata con tratto nitido e sottile, in inchiostro marrone dal fondo scuro, consente la “lettura” dell’Infinito: quell’infinito che Giacomo Leopardi, da due secoli esatti, con “soltanto” alcune parole fa “vedere”, “percepire”, “intuire”, e oltre… Fa “sentire” il mistero in cui tutti siamo calati.
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