La creatività, il lusso, la droga e quella costante narrativa del suicidio. Il mito del dadaismo francese, Jacques Rigaut, in una nuova biografia
Scrittore francese bellissimo ma semisconosciuto, dadaista militante, autore di un’opera minima, compendiabile in poche pagine, strafatto di eroina, si uccide a trent’anni vinto dal disgusto di sé e degli altri, dopo aver vissuto una vita da dandy, aver sposato una miliardaria americana e aver tentato a più riprese di disintossicarsi. Passa un secolo e miracolo, la sua vita rifulge grazie alla meticolosa biografia, irragionevolmente lunga, scritta da Jean-Luc Bitton (“Jacques Rigaut, Le suicidé magnifique”, Gallimard). Un libro assolutamente imperdibile per chiunque voglia conoscere i costumi dell’intellighenzia parigina e americana negli anni folli, scandagliare i vizi e le virtù dell’arte d’avanguardia, entrando a gamba tesa nella grande stagione del nichilismo che s’apre in Europa con la Grande guerra.
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