Scrittori da quarantena
Se pensavate di chiudervi in casa e raccontare queste giornate in un libro, bé, l’ha già fatto Xavier de Maistre
Invece di aumentare il numero dei lettori — l’idea della lettura come ultima risorsa non è né bella né vera né sensata, lo abbiamo scritto ma in testa non entra: chi cantava “E’ qui la festa?” ora propone i libri come sostituti della movida — c’è il rischio che stare a casa aumenti il numero degli scrittori. Per non finire nella tragica situazione in cui versa la poesia, da decenni più scritta che letta, basta seguire alcune semplici istruzioni. Più facile che lavarsi le mani.
Son da evitare le memorie della quarantena, l’avremo fatta tutti, e non si vede in giro un David Foster Wallace capace di avvincere con gli ingredienti dell’Amuchina. Per il “Decamerone” non siamo molto attrezzati (però leggere quello di Boccaccio, magari nella traduzione in italiano moderno di Aldo Busi, procura gran diletto). Se poi la geniale pensata è “mi chiudo nella mia stanza e la racconto come se fosse un posto esotico e fascinoso”, sappiate che ci aveva già pensato Xavier de Maistre alla fine del Settecento.
“Viaggio intorno alla mia camera” nasce ad Alessandria (di Piemonte, non d’Egitto). Il savoiardo de Maistre, ufficiale di guarnigione, era stato coinvolto in un duello, e per punizione confinato 42 giorni nella sua cameretta. Per svagarsi, prese a raccontare le sue camminate in una stanza quadrata che, rasentando i muri, consentiva 36 passi (poco di più in diagonale). Un divertimento privato che piacque molto al fratello Joseph de Maistre, che poi sarebbe diventato ambasciatore a San Pietroburgo. Prese il manoscritto e di nascosto lo fece pubblicare (sì, ogni tanto succede, il nostro era sfortunato nei duelli ma fortunato in editoria).
Xavier de Maistre intende fare proseliti. In materia di viaggi, non di scrittura. Sostiene di aver introdotto un nuovo modo di vagabondare: poco costoso (eppure non disprezzato neanche dai ricchi che i soldi li avrebbero); comodo e non stancante (fate mente locale a cosa erano i viaggi, nel Settecento); al riparo dalle disavventure, dagli imbroglioni e dai briganti. Se sapesse le fatiche che facciamo noi per andare in capo al mondo, e riportare indietro lo stesso selfie, sarebbe ancora più fiero della sua invenzione.
Nei suoi pensieri a zig zag — rivendica anche questo modo di camminare — de Maistre racconta la sua poltrona e il suo letto, in bella prospettiva e con tende illuminate dal primo raggio di sole. Quando gli va, avanza senza staccare le chiappe dalla poltrona, trascinandola qua e là. Proprio solo e derelitto non è, vive con la cagnolina Rosine e può contare sul servo Joannetti. Ogni quadro, ogni oggetto, ogni fiore seccato gli ricorda qualche sciocchezza. Con spirito: di tutti i dipinti, le signore in visita preferivano lo specchio incorniciato.
L’ufficiale de Maistre non si nega un po’ di metafisica. Elementare, a dispetto dei paroloni usati: “Mi sono accorto, dopo molte osservazioni, che l’uomo è composto di un’anima e di una bestia”. Fornisce un esempio pratico: “Capita talvolta che l’anima ordini alla bestia di leggere al posto suo, e poi fugga via senza farsi notare”.