Tutti in gita al MoMa
5.050 mostre per visitatori virtuali. E’ meraviglioso poter dare una sbirciatina senza assembramenti
Niente libri, oggi. Mancando il pallone, suggerire titoli è diventato lo sport nazionale. Fermi e vigili a bordocampo (leggi: sui social), pronti a fare i book jockey: “Leggi questo, no leggi quest’altro” (voi che li consigliate a quattro a quattro, quanto pensate durerà la quarantena?). Sappiamo che la situazione è grave, per editori e librerie e festival e saloni, ma gli accorati appelli non basteranno per invertire la tendenza. Dovremo aggiornare quel che diceva François Truffaut: “Ognuno di noi ha due mestieri, il proprio e quello di critico cinematografico”. Ora i mestieri sono diventati tre.
Niente libri oggi. Abbiamo guardato le classifiche. Nella settimana prima della chiusura trionfava Elena Ferrante, Elena Ferrante, Elena Ferrante – cinque titoli nei primi dieci, può pure essere che non abbiamo gli stessi gusti. Conviene farsi un giretto al MoMa di New York, che come altri musei se ne sta chiuso – fino al 30 marzo, poi si vedrà – ma da tempo mette a disposizione dei visitatori virtuali la bellezza di 5.050 mostre, dal 1929 a oggi.
Per dire: se viene voglia di curiosare cosa c’era in mostra nel 1933, sotto il titolo “Fruit and Flower Paintings by Modern Artists”, si può fare comodi dal divano (niente male, come promesso dal comunicato stampa c’erano Cézanne, Monet, Manet, Van Gogh, Renoir, Rousseau detto il Doganiere). D’accordo, non è come dal vivo. D’accordo, non si vede la pennellata. D’accordo, mancano gli altri visitatori con le loro facce (se la memoria ci assiste – i libri quando servono si nascondono, nel suo monumentale “Diario” il polacco Witold Gombrowicz trovava insopportabili i musei; meglio guardare i volti dei visitatori, attoniti o trasportati dall’intensità artistica, come chi ai concerti assume un’espressione rapita e sognante). Mancano un sacco di cose. Ma non è meraviglioso poter dare una sbirciatina, fino a quando gli assembramenti non saranno di nuovo permessi, alla mostra di Matisse o a quella intitolata “Stamp, Scavenge, Crush”? (viste le fotografie, sono “Timbri, roba trovata nella spazzatura o uscita dalle presse”).
Consigliamo “High & Low - Modern Art and Popular Culture”. L’abbiamo scelta per non occupare terreni altrui, e perché tra i curatori della mostra abbiamo visto il nome di Adam Gopnik, che nel memoir “Io, lei, Manhattan” (ci siamo ricascati, i libri sono un vizio come il gioco e il terrorismo, aveva ragione Carlo Fruttero) racconta Soho negli anni 80. Lì si aggiravano, senza capirsi, Jeff Koons che pensava al suo coniglio di palloncini, però cromato, e Robert Hughes che disprezzava i giovani artisti.
Fa da battistrada un magnifico omino pubblicitario della Michelin. Costruito di pneumatici come noi lo conosciamo, ma realizzato con i vetri colorati, da rosone di Notre-Dame. Graffiti, caricature, fumetti, pubblicità. Molto più di quel che serve per allietare un altro giorno di quarantena. Se poi scaricate il catalogo – basta mezzo minuto – e oltre a guardare le figure leggete le spiegazioni, rischiate di avere da fare per una settimana.