La faccia buona di Lillo Venezia
Era uno che pagava per le cose in cui credeva e per gli altri in cui si riconosceva. È stato un giornalista, a Lotta Continua, al Male, ai Siciliani, a Casablanca. È morto a Catania, povero
Calogero Venezia, Lillo, è morto a Catania, dopo un breve ricovero per una polmonite che ha infierito su malanni precedenti. Ha scritto sua sorella, Enza Venezia Signorello: “Con enorme dolore devo comunicarvi che mio fratello Lillo Venezia, non c'è più”. E’ stato un giornalista, a Lotta Continua, al Male, che dal 1979 firmò da direttore, ai Siciliani, di cui, ha ricordato Riccardo Orioles, dopo l’assassinio di Giuseppe Fava, “pagò personalmente coi suoi poveri beni i mancati impegni di illustri sostenitori”, nell’altra rivista antimafia Casablanca, che fondò.
Era uno che pagava per le cose in cui credeva e per gli altri in cui si riconosceva. L’impresa del Male, un’avventura di satira e di amicizie, lo portò in galera, da incolpevole responsabile, e al Quirinale di Sandro Pertini. In qualunque cosa si sia impegnato, e lo ha fatto instancabilmente, non ha mai smesso di essere uno strenuo militante e compagno: il suo modo di vita. Era nato nel 1950, a Mazara del Vallo, e a Catania studiò, nel liceo classico cui era affezionatissimo, e scelse la politica, quel genere di politica, col movimento degli studenti, i fuori sede in particolare, con i senza casa, con gli operai di Siracusa e della provincia. Nel 1977 era venuto a Roma a lavorare alla redazione del quotidiano Lotta Continua, e fu lui a scrivere e firmare la corrispondenza del 10 maggio da Cinisi che resta una splendida fonte di orgoglio per quel giornale: unico, quel giorno, ad affiancare la notizia sull’assassinio di Aldo Moro a quella sull’assassinio mafioso di Peppino Impastato, che altri relegarono in spazi infimi accogliendo l’oscena versione ufficiale di un incidente sul lavoro “terrorista”.
Condivise un lungo tratto di impegno e di vita con militanti dal cuore di artisti come Mauro Rostagno o Vincino. Lillo aveva una simpatia e un calore umano, loro sì contagiosi, che hanno indotto tantissimi a volergli bene e tutti a rispettarlo. Io l’ho avuto fraternamente vicino, ma non l’ho visto da moltissimi anni. Solo oggi ho confrontato la sua faccia che ricordo, quella della bella fotografia in bianco e nero, che se non fosse così buona e cordiale lo farebbe somigliare a Frank Wolff che fa la parte di Gaspare Pisciotta nel film di Rosi, con la faccia delle fotografie recenti, imbiancata, buona e cordiale. E’ morto povero.