Il mistero dell'Erebus
Michael Palin, che è laureato a Oxford, si cimenta con la nave persa tra i ghiacci e se la cava bene
Michael Palin è l’attore che in “Un pesce di nome Wanda” viene legato e sottoposto alla tortura delle patatine fritte. Una infilata nella narice destra, l’altra nella narice sinistra (che già sanguina, mentre l’occhio destro è bendato e l’altro è nero). Davanti a lui, il crudele Kevin Kline pesca i pesciolini dall’acquario e se li pappa. E’ uno dei film più divertenti che la banda dei Monty Python abbia perpetrato (qui, con la regia di Charles Crichton: se l’avete dimenticato, ma bisogna mettersi d’impegno, è su Sky on demand e NowTv).
Vorremmo dire che dobbiamo alla spassosa scena la lettura di “Il mistero dell’Erebus”, scritto da Michael Palin (aveva voglia di fare qualcosa di completamente diverso; non tantissimo, comunque: ha una laurea a Oxford). Sarebbe una bugia. Tra noi e l’Erebus – la nave britannica che nel 1846 rimase incastrata tra i ghiacci dell’Artico, fu abbandonata dall’equipaggio due anni dopo, il relitto fu localizzato solo nel 2014 – ci sono altri due gradi di separazione. Entrambi nella categoria guilty pleasure: cose che aggravano le nostre manie. Questa va sotto l’etichetta: “Raccontami qualsiasi cosa, ma bene”. Diversissima da: “Voglio sentire cose che so, in cui mi riconosco, non importa se hai una conversazione che fa morire di noia”.
Il primo sublime raccontatore tra noi e l’Erebus si chiama Dan Simmons, strepitoso scrittore dell’orrore (purtroppo i lettori di storie dell’orrore son poco interessati a come sono scritte, e gli altri si rifiutano di leggerle, come se Edgar Allan Poe non fosse stato lo Stephen King dei tempi suoi). Trova l’orrore anche dove non l’avremmo mai cercato, per esempio nel romanzo che Dickens lasciò incompiuto: “Il mistero di Edwin Drood” (cercarono di finirlo anche Fruttero & Lucentini, in “La verità sul caso D.”)
Il “Drood” di Simmons sono gli ultimi anni di Charles Dickens raccontati dall’amico, allievo e rivale – nonché oppiomane – Wilkie Collins. “La scomparsa dell’Erebus” è un altro pregevole Dan Simmons, scritto nel 2007. Ridley Scott – il grande raccontatore numero due – ne ha tratto la serie Amazon “The Terror” (era l’altra nave rimasta prigioniera). Appassionante, anche se il ghiaccio era tanto e donne poche, a bordo portavano male.
Michael Palin arriva per ultimo. E non sfigura. Uno che intitola un capitolo “I calzettoni di Hooker” è già nel nostro cuore: era costui un botanico a bordo della nave, le calze sono conservate alla Royal Society. Comincia dal cantiere e segue l’Erebus fino al fatale destino. Qualche donna, in effetti, a bordo era salita. Le invitate al ballo organizzato nel 1841, oltre il Circolo polare artico, legando insieme l’Erebus e la Terror. Per arrivare a bordo, un ponte di barche. Su una nave le orchestre, sull’altra il pranzo di gala per 300 ospiti. I lampadari che illuminavano il ritratto della giovane regina Vittoria erano fatti con le baionette (non sembra uno sketch dei Monty Python?). Lo sfarzo era accresciuto da 700 specchi immagazzinati nella stiva e appesi alle navi. Merce di scambio con gli indigeni, ovvio.