Lo stato dell'arte
In tutta Europa i governi stanno cercando soluzioni per gli artisti, soprattutto giovani, che hanno sofferto più di altri la pandemia. E l'Italia? Le proposte del Forum dell’arte contemporanea
Berlino ha messo a disposizione 500 milioni di euro per artisti e liberi professionisti da erogare una tantum, imponendo come unico prerequisito l’avere la residenza nella capitale. Il ministro dei Beni culturali francese Franck Riester invece ha stanziato 2 milioni di euro per le arti visive alle gallerie e il presidente Emmanuel Macron ha annunciato commesse pubbliche per gli artisti under 30. In tutta Europa i governi stanno cercando soluzioni per gli artisti, soprattutto giovani, che hanno sofferto più di altri la pandemia. E anche l’Italia sta lavorando per uscire dalle conseguenze disastrose del lockdown: il Mibact guidato da Dario Franceschini ha stanziato 20 milioni di euro da destinare alle realtà delle arti performative sui 130 milioni previsti dal decreto “Cura Italia” per i lavoratori di cinema e spettacolo. Il ministro ha anche fatto sapere che “nessun artista verrà dimenticato: nessun attore, nessun musicista così come nessun lavoratore del mondo dello spettacolo”. Ma, al momento, gli aiuti sembrano non bastare e gli artisti visivi del nostro paese stanno ancora aspettando la loro parte.
“Sembra semplicistico, ma ogni modello a livello internazionale è migliore rispetto a quello italiano, dove spicca la totale assenza di intervento a tutela dell’arte contemporanea” dicono al Foglio Anna Daneri, docente di Legislazione del mercato dell'arte in Naba, e Lorenzo Balbi, direttore del MAMBO di Bologna. Come coordinatori del tavolo 3 del Forum dell’arte contemporanea che è durato per tutto il mese di maggio e che si è concluso con un evento virtuale, si sono occupati di “La cosa pubblica: diritto e necessità. Quali prospettive per le istituzioni artistiche?”. Assieme a sessanta tra direttori di istituzioni, artisti, curatori, politici, operatori culturali e di altri settori hanno cercato di proporre delle soluzioni concrete per l’arte visiva e sanare le carenze dei provvedimenti del governo nella gestione dell’emergenza e degli effetti che questa ha avuto su un mondo già messo a dura prova da anni. “In Spagna, ad esempio, è stato varato un programma di acquisizione di opere di artisti spagnoli che andranno a implementare le collezioni dei musei pubblici – spiegano i due esperti – In Germania sono stati sostenuti gli artisti con assegni a fondo perduto e, non solo simbolicamente, il loro ruolo è stato riconosciuto in un discorso pubblico di Angela Merkel, che sembra lontano anni luce dalle parole spese dal premier Conte nei confronti degli artisti italiani ‘che tanto ci divertono’”.
La pandemia ha messo ancora più in luce le difficoltà che gli artisti si trovano ad affrontare da troppo tempo, e i provvedimenti disposti dal governo non si sono dimostrati sufficienti. “L’emergenza ha rivelato in modo molto chiaro problemi che l’Italia si sta portando avanti da decenni – spiegano Daneri e Balbi – Se non vogliamo che gli artisti italiani scompaiano, e con loro migliaia di lavoratrici e lavoratori delle arti visive, o siano costretti a emigrare in paesi dove la ricerca artistica è valutata e sostenuta, bisogna cambiare le condizioni base, che non prevedono neppure un riconoscimento della figura dell’artista. Basti pensare che l’Italia non ha ancora applicato lo Statuto sociale degli artisti, nonostante abbia votato a favore della risoluzione del Parlamento Europeo nel 2007”. Per i pittori e gli scultori di oggi, i 600 euro e la cassa integrazione non bastano per uscire da questo stato di crisi: “Le misure approvate dal Governo previste nel Decreto Rilancio non sono assolutamente sufficienti, perché coprono solo i dipendenti e le partite IVA, quando la gran parte del lavoro culturale è precarizzato e utilizza forme contrattuali che non prevedono ammortizzatori”. Non a caso, nel corso del forum sono arrivate proposte come la creazione di un reddito base universale che consenta agli artisti di condurre una vita degna e “non sottostare al ricatto di lavori degradanti e non tutelati”.
“Si fa sempre più urgente la proposta di un New Deal culturale – commentano i due esperti – versus un’idea di New Deal storico che vedeva investimenti pubblici di ingegno civile e infrastrutturali come negli anni Trenta, anche in vista dell’elaborazione dei piani di sviluppo programmatico richiesti dalla Ue per poter beneficiare del Recovery Fund”. L’impressione è che una fetta della produzione artistica di oggi sia stata dimenticata. L’Art Bonus, ad esempio, che prevede l’erogazione di un credito di imposta per interventi di restauro, manutenzione e protezione di beni pubblici e per il sostegno di istituti e luoghi culturali pubblici, non è esteso all’arte visiva prodotta oggi. “L’Art Bonus è uno strumento importantissimo, ma non è a disposizione degli artisti né al sostegno della produzione artistica contemporanea – commentano Balbi e Daneri – Anche il decreto Rilancio ha ignorato le richieste di ampliamento all’arte contemporanea dell’Art Bonus provenienti da diversi ambiti”. Lo stesso decreto ha però esteso l’Art Bonus al sostegno dei complessi strumentali, delle società concertistiche e corali, dei circhi e degli spettacoli viaggianti.
“In Italia, il sostegno alle istituzioni pubbliche dedicate al contemporaneo proviene in gran parte dalle amministrazioni locali, in particolare sofferenza dopo lo scoppio della pandemia” continuano. Secondo quanto emerso dalle riflessioni del tavolo, la speranza per il futuro è che le istituzioni ripensino a loro stesse come parte di una comunità, che si inseriscano nel territorio in cui operano e che sappiano “cogliere la crisi attuale come una opportunità”. La crisi generata dalla pandemia dovrebbe infatti fornire l’occasione di spingere i musei a comprendere l’importanza di creare una rete, includendo iniziative promosse dagli altri enti e allo stesso tempo valorizzando il potenziale ruolo di motore sociale dell’arte contemporanea. Sul piano funzionale, le conclusioni e le proposte vanno nella direzione di un sostegno concreto a musei e ad artisti, come agevolazioni sull’Iva, l’esenzione dal pagamento dei diritti Siae, il superamento per il prestito delle opere tra i musei pubblici italiani. Ma anche la possibilità di richiedere una garanzia di stato sulle collezioni, in modo da tagliare una delle spese più alte per lo stato. O ancora, la semplificazione delle procedure della burocrazia relativa a produzioni, restauri, acquisizioni e ampliamento dei patrimoni; il riconoscimento dei musei quali enti formativi per accedere a bandi, sovvenzioni e call internazionali.