Cresciuta in esilio a causa degli intrighi di un parente, squattrinata per via della caduta di Costantinopoli che aveva privato la sua famiglia di beni e relazioni, andata sposa a sedici anni più per volere della famiglia che suo, spinta nel letto di Giuliano de’ Medici due minuti dopo essere arrivata a Firenze e infine morta a ventitré anni, forse di tisi ma con maggiore probabilità di peste. Questa fu Simonetta Cattaneo coniugata Vespucci, e potremmo sostenere che non ebbe vita felice nemmeno per gli standard quattrocenteschi, che pure ritenevano il corpo della donna e la sua volontà un bene nella piena disponibilità della famiglia e come infatti accadde con il suo, bellissimo e celebrato da Sandro Botticelli anche dopo la morte. Non parliamo dunque di una grande mecenate, né di una poetessa o di una letterata di vaglia che pure nel periodo non mancavano (pensiamo a Cassandra Fedele o ad Alessandra Scala che furono allieve del Poliziano e corrispondevano con Lorenzo de Medici). Parliamo invece di una ragazza nobile sì, ma di non eccelsa cultura, nessuna arte e ben pochi quattrini, che sfruttò per quanto possibile la straordinaria bellezza di cui la natura l’aveva dotata e la sua capacità di influenzare il lavoro di poeti, ricchi e pittori per trarne vantaggio personale, né più né meno delle tante che oggi cercano di farsi strada con i selfie plastici. Dunque, pur non volendo fare paragoni impossibili, al contrario dei tanti che li hanno fatti, non capiamo davvero che cosa possieda di tanto triviale Chiara Ferragni per non potersi scattare un selfie davanti alla Venere di Botticelli conservata agli Uffizi, a cui la bella Simonetta prestò il volto e chissà chi altra posò per quegli arti bene in vista, benché fu quasi certamente nessuna tanto sono distorti e idealizzati. In particolare, non capiamo che cosa abbiano da recriminare i critici che, in mancanza di altre argomentazioni, hanno osservato che la ragazza avesse realizzato un servizio agli Uffizi e non in uno dei nostri tanti bellissimi musei di provincia e bla bla bla. Già immaginate il seguito della tiritera, dunque non perderemo troppo tempo per segnalare che due giorni dopo, invitata fra i testimonial di Dior a Lecce per la presentazione della (splendida) collezione cruise, si è precipitata al Museo Archeologico di Taranto e ha prodotto stories su quegli incredibili orecchini di scavo e i serti a foglie d’oro intrecciate, e adesso alzate la mano per dirci che l’avete visitato anche voi, non vediamo l’ora di contarle. Soprattutto fa abbastanza pena, soprattutto per quel suo coté pateticamente classista, questa idea dei nostri intellettuali di auto-nomina che si debba sostare in muta trascendenza di fronte a tutte le opere di ogni tempo, fossero perfino quelle fatte dipingere a fini celebrativi e propagandistici, dunque per brindarvi di fronte, come per esempio la Primavera di Botticelli, con l’aranceto ben visibile e carico di frutti, gentile omaggio alla casata dei Medici da parte del pittore a libro paga e dunque, va da sé, ossequioso.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE