Marcel Proust – uno che trovava appassionante la lettura dell’orario ferroviario - era incantato dai telefoni, e dal loro mischiarsi con le faccende di cuore. Il telefono è lì, potrebbe squillare ma non squilla, oppure squilla ma non è la voce che fa palpitare. Non troviamo più la citazione precisa – come sempre quando serve, restringiamo però il campo a “La prigioniera”, tra i sette volumi che compongono il monumento. Ma ci sono pure i pensieri magici che qualsiasi adolescente, e anche non adolescente, rimugina quando aspetta la telefonata, per accertarsi che la linea funzioni. Proust era affascinato anche dalle signorine del centralino, “principesse dell’invisibile” che mettevano in comunicazione i parlanti.
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