Quando appariva lei, tutto il resto scompariva: la vita, i bisogni, il terrore. Eppure non era solo una diva, ma una semplice ragazza a cui capitava di piangere in tram
Quando canta “I wanna be loved by you” in “A qualcuno piace caldo”, Marilyn Monroe ha trentatré anni. È da tempo la donna più bella del mondo, la più desiderata, la più ambita, l’ossessione degli americani che però non la sposerebbero né la amerebbero mai. E come potrebbero. Al loro fianco vorrebbero Doris Day: è lei la fidanzatina d’America, la donna che li fa sentire a casa al primo sguardo. Marilyn, invece, li smarrisce. Li disorienta. Marilyn è troppo e gli altri, inevitabilmente, sono troppo poco. È così inarrivabile che nessuno riesce a vedere nei suoi occhi lo stesso movimento che Pasolini vede in quelli di Claudia Cardinale: “Guardano solo con gli angoli accanto al naso”, scrive. E aggiunge: “Ha un viso di umile, di gatta, così selvaggiamente perduta nella tragedia”. A salvare Cardinale saranno sempre la sua ritrosia (dirà di no a Mastroianni, alla Universal, a Marlon Brando), il fare irrequieto e selvaggio, e prima d’ogni cosa il “viso da umile”, che a chiunque infonderà rispetto, forse timore, di certo misericordia.
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