L’estate in villa, i pomeriggi immobili, le letture, il diario. Un lontano passato, fino all’anno del Covid
Una vita a leggerne, e fino a questa estate non sapevamo che cosa fosse la villeggiatura, cioè l’estensione gaudiosa delle vacanze, quello iato spazio-temporale che un tempo era lecito, anzi previsto, riempire di riposo operosissimo, anziché di amori da vivere dal primo fino all’ultimo giorno. Villeggiare, cioè “riposarsi in luoghi ameni”, era un rito prezioso e il suo interprete par excellence l’imperatore Adriano nella sua residenza di Tivoli che infatti era una reggia perché lasciare la città per ritemprarsi non voleva dire ammassarsi in otto in un bilocale affittato su TriVaGo per due settimane, che è invece l’estensione cronologica delle ferie, conquista del lavoratore moderno, da cui gli sguardi stupefatti di migliaia di visitatori di Villa Adriana che immancabilmente si stupiscono della definizione: come, villa? Da allora il mondo si è rimpicciolito parecchio, come i suoi desideri e le sue prospettivo, tutti “medi”, il tempo “medio” di percorrenza, il viaggiatore medio, il consumatore medio, tutto una medietà, e la villa del nostro immaginario è quella anni Sessanta con le finestre in alluminio anodizzato e la tavernetta, pensata per le ferie del ragioniere e della gentile signora.
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