Settantacinque anni fa la pubblicazione del celebre saggio di Karl Popper. I pericoli che derivano dall’ignoranza, dal dogmatismo e dal populismo. L’antidoto a chi chiede una maggiore chiusura è uno solo: una maggiore conoscenza. Intervista a Dario Antiseri
Settantacinque anni dalla pubblicazione de La società aperta e i suoi nemici di Karl Popper. Un “lavoro di guerra”, spiega il professor Dario Antiseri, il quale non si è mai tirato indietro dalla lotta per introdurre in Italia le idee di Popper, allora come oggi troppo poco popolari nel nostro panorama culturale: “Popper decise di scrivere questo libro nel marzo 1938, quando seppe che i nazisti avevano invaso l’Austria: diversi parenti di Popper sarebbero morti nei campi di concentramento”. Oggi la società aperta ha nuovi nemici, senza che i vecchi siano stati peraltro debellati del tutto. Ma anzitutto, professor Antiseri, come definiamo la società aperta? “E’ una società che accoglie una pluralità di valori, di visioni del mondo filosofiche, religiose e politiche, che possono essere sottoposte a critiche incessanti e severe. La società aperta è aperta al maggior numero possibile di idee e ideali, ma non a tutti. E’ chiusa ai violenti e agli intolleranti. Non è insomma una società spalancata”.
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