L’anno scorso di questi tempi ero in Calabria a parlare di un libro, quando una delle molte Madonne che d’estate camminano per le strade del Sud è passata davanti alla piazzetta dove si stava svolgendo la presentazione. Ho interrotto la frase e mi sono alzata per salutarla, e così tutti gli altri, relatori e pubblico, qualcuno si è tolto il cappello in segno di ossequio (non sono sicura che sia successo davvero, ma è il dettaglio che congiunge la scena con una certa commedia italiana in bianco e nero, non posso permettermi di ometterlo). Nessuno ha detto una parola fino alla fine, finché non è sfilato l’ultimo partecipante alla processione. Era tutto perfetto: il crepuscolo, il mormorio, i canti, il prete che benediceva noialtri distratti da tentazioni mondane, perfino me, colpevolmente venuta da Messina a presiedere la manifestazione di una irrispettosa concorrenza. Poi, dopo che la Vergine aveva girato l’angolo, siamo tornati in silenzio ai nostri posti, il mio co-relatore mi ha guardata e ha detto: eh, se ci fosse stato Pasolini a vivere questo momento. Ho annuito, senza sapere bene cosa rispondere (non so mai bene cosa rispondere ogni volta che qualcuno rimpiange Pasolini, succede di continuo), e abbiamo ricominciato a parlare di libri. Sul traghetto per tornare a casa, ho pensato che non sarei mai più andata in un posto ignorando le date delle sue feste sacre, non solo per non trovarmi più a portare lo sgraziato vessillo dell’alternativa pagana, ma soprattutto perché stare dall’altra parte mi avrebbe impedito di parteciparvi. E io, confesso, le amo.
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