Tre generazioni in un nodo di carne, la storia come catena umana in una sola immagine, nel groviglio di corpi appena coperti da un lenzuolo svolazzante che si vede nell’Incendio di Borgo, dipinto da Raffaello Sanzio nelle Stanze Vaticane. Lo stesso gruppo, scolpito nel marmo da Gian Lorenzo Bernini un secolo dopo, è raffigurato nella perfezione assoluta del bianco. Il soggetto è lo stesso – Enea abbandona Troia in fiamme con il figlioletto Ascanio e il padre Anchise sulle spalle – ma il risultato è molto diverso. Nel dipinto di Raffaello c’è la tragedia, una drammaticità michelangiolesca dei corpi nello sforzo muscolare della fuga, l’incarnato di Anchise ha i segni della vecchiaia e ha perso la freschezza rosea della pelle del figlio e del nipote, dietro hanno un mondo finito, divorato dalle fiamme, uno sguardo d’intesa corre tra il nonno e il ragazzino. Nel gruppo di Bernini, il bambino è molto più piccolo, nascosto dietro le gambe del padre, il vecchio sovrastante è saggio e venerabile, con una lunga barba, appoggia la statuetta dei penati sopra la testa del figlio: si raffigura la speranza, la missione di rinascita affidata a quei tre.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE