Ho visto il paese reale: fa schifo (cit). L’estate autarchica finisce, assai dolcemente: quella in cui siamo usciti dalle nostre bolle e abbiamo riscoperto l’Italia. Ecco il bilancio dunque di una stagione claustrofobica vissuta tra paesini, borghi, province, tutto quanto vagheggiavamo durante i mesi del lockdown (e da cui siamo scappati da piccoli). Ci si è divisi in due, chiaramente: chi ha sfidato tamponi e superstizioni e si è avventurato verso l’esotico estero (cioè, fondamentalmente, a Formentera e in Grecia), e chi è rimasto a casa, in preda a complessi pre-moderni, ha voluto dimostrare a tutti – in primis, a sé stesso – che l’Italia è un posto meraviglioso. E però sarebbe difficile immaginarsi Formentera e Antiparos come un vero estero: sono spiagge, generalmente costellate da italiani, quindi sempre Italia, è, anzi Sardegna, ma coi souvlaki e un po’ di esotismo. La differenza è che chi si è avventurato in quest’estero addomesticato non ha esagerato con post e stories; sì, la spiaggia, sì, l’acqua azzurra, magari fotografata dal barchino o dal gommone. Ma non si è spinto (grazie, davvero) fino alla vanteria fotografica del piccolo borgo e soprattutto dell’indotto enogastronomico. Chi è rimasto in Italia invece per sopperire alla vanteria dell’Estero ha invaso l’etere di borghi campanili pievi, caciotte babbà cannoli, dispute tra arancini e arancine, gozzi e gozzetti e barchini, riscoperta di antiche tradizioni giustamente dimenticate. L’Italia è un paese meraviglioso! (come dicono i cartelli autostradali verso le città d’arte).
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