Un’invettiva di novantasei pagine minacciata di censura in Francia, e quindi andata a ruba ed esaurita online in pochi giorni, ora in attesa di ripubblicazione con un editore più forte. L’invettiva si intitola: “Moi les hommes, je les déteste” (Monstrograph), io gli uomini li odio, ed è l’atto d’accusa femminista, militante e personale di una giovane donna, Pauline Harmange, aspirante scrittrice venticinquenne, che non era preparata a tanta polemica e a tanto successo, ma lo desiderava molto: “E se sei un uomo puoi darmi i tuoi soldi (li prendo io, non preoccuparti), puoi anche stare zitto e imparare alcune cose che forse le donne della tua vita non hanno l’energia di spiegarti”. Stai zitto, leggi, e abbi l’umiltà di capire di essere parte del problema, e che ho ragione a odiarti, a odiare il mondo maschile in generale e a odiare certi uomini in particolare. Pauline Harmange elogia la misandria come possibilità di un’esistenza libera e felice, forse anche per gli uomini stessi, ma solo se accettano di odiare gli uomini, e dice: state calmi e non provate a paragonare la misandria con la misoginia, perché la prima esiste soltanto come reazione alla seconda. “Voglio dire nel mio libro che le nostre ragioni per diffidare, anche per odiare, gli uomini, sono numerose, legittime e soprattutto non ci bloccano. Vogliono farci credere che odiare gli uomini può portare solo al nostro isolamento e al nostro inaridimento nella società. Io voglio mostrare invece tutto ciò che può fiorire quando lasci gli uomini da parte”.
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