Roma. Entrando in una libreria di lingua inglese è impossibile evitare che fra le mani ci finisca anche solo per sbaglio un saggio sugli uomini che odiano le donne. Men Who Hate Women di Laura Bates, Boys & Sex di Peggy Orenstein ed Entitled: How Male Privilege Hurts Women di Kate Manne, per citare solo le ultime tre uscite. E’ il solito refrain dell’oppressione della mascolinità patriarcale. Una donna, una famosa scrittrice, con le credenziali di sinistra al posto giusto (un passato in Amnesty, il femminismo, l’antitrumpismo), che difende il gentil sesso dagli uomini che si dichiarano donne in nome del gender, non poteva mandare in corto il refrain. E’ vero, c’era già stato Vestito per uccidere di Brian De Palma, famoso thriller su un assassino travestito da donna. Ma era il 1989. Poi un altro blockbuster, “Il silenzio degli innocenti”, dove l’assassinio è un altro aspirante trans. E nel 1960, Alfred Hitchcock aveva sconvolto con “Psycho”. Altri tempi, tanto che tre anni fa un remake di Psycho aveva tolto gli abiti femminili a Norman Bates per paura di essere tacciata di “transfobia”. Cortocircuito riparato. Se non fosse stato per J. K. Rowling di Harry Potter, coinvolta in una nuova polemica che la vede tacciata di “transfobia”. Il suo assassinio non si consuma in una doccia, ma nei social, e per mezzo non di un coltello, ma di uno shitstorm.
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