Revisionismo iconoclasta e autocensura. Il caso della grande mostra di Philip Guston che quattro grandi musei hanno deciso di annullare per timore delle reazioni del pubblico. Opere di 50 anni fa, contro il Ku Klux Klan
Temiamo che questa volta si sia veramente esagerato. Il grande critico Robert Storr ha sintetizzato il fatto così: “Un abietto fallimento dell’immaginazione e dei nervi”. Il “caso” Philip Guston. Navighiamo in un periodo storico interessantissimo, fatto di correzioni linguistiche, revisionismi e iconoclastie, reazioni sui libri, nei social, a tavola e per la strada. Un periodo che per certi versi mette sotto ricatto l’identità culturale autoctona, per altri invece rappresenta una necessità nei confronti di una giustizia assoluta, diffusa e incondizionata. In un continuo aggiornamento tra definizioni linguistiche e identitarie (troppo complesse e misteriose da sfuggire continuamente alle regole della semantica), ci troviamo instabilmente in bilico tra un bisogno di eguaglianza sociale e il riconoscimento di differenze minoritarie. La chiamano la “guerra culturale”.
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