Marcel Proust si coricava presto la sera e leggeva per due ore tra la colazione e il pranzo, poi riprendeva nel primo pomeriggio. Ne parlò in un saggio intitolato “Il piacere della lettura”, in cui, oltre a omaggiare il potere della scrittura nel riportare in vita “le dimore e gli stagni che non esistono più”, descriveva la camera in cui leggeva da ragazzo, l’odore della lupinella che accompaganava la sua silente attività, e illustrava i rischi della lettura quando si sostituisce alla vita dello spirito, vita che dovrebbe destare, e non rimuovere. Così ho ricordato la mia infanzia e quel che leggevo, per dedurne che in realtà leggevo poco, male, ma soprattutto parzialmente: credo di aver letto allo sfinimento solo i primi due capitoli de “Le avventure di Tom Sawyer”, di “Tre uomini in barca” o de “La capanna dello zio Tom” e di non essere mai andato oltre.
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