Più di quarant’anni dopo la sua morte, l’autore del “Male oscuro” è il meno letto tra quelli della sua generazione. Ma aveva capito la complessità dei tempi moderni. Dalla questione meridionale al conflitto tra fascismo e antifascismo
Giuseppe Berto è noto soprattutto per Il male oscuro, un grande romanzo che non ha però molte chance di essere letto o riletto oggi dal lettore non specialista: troppo lungo per la nostra poca pazienza, troppo sperimentale, cioè bizzarro, nello stile, con quei lunghissimi periodi senza pause che mimano il flusso di coscienza, un po’ nel solco di Joyce o di Beckett. Meno note sono le molte pagine che Berto ha scritto per i quotidiani e i periodici tra la seconda metà degli anni Quaranta e il 1978, l’anno della morte. Le sue recensioni cinematografiche e i suoi articoli sul Mezzogiorno, e sulla Calabria in particolare, sono stati raccolti da un piccolo editore di Vibo Valentia, Monteleone (Critiche cinematografiche 1957-1958, a cura di Manuela Berto e Pasquale Russo, 2005; Il mare da dove nascono i miti, a cura di Pasquale Russo, 2003), mentre nel 2010 l’editore Aragno ha pubblicato gli articoli che Berto ha scritto nell’arco di circa un decennio per Il Resto del Carlino.
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