In giorni di contagi, liti, divieti e inviti pubblici alla denuncia può essere di conforto la lettura di “Una nuova storia (non cinica) dell’umanità” di Rutger Bregman, appena pubblicato da Feltrinelli. Il saggio – l’autore ha 32 anni, è olandese e infatti assomiglia a un giocatore dell’Ajax – è un antidoto efficace al pessimismo di “Sapiens”, il megabestseller mondiale dello storico israeliano Yuval Noah Harari (che però in quarta di copertina concede: “Questo libro mi ha fatto vedere l’umanità sotto una nuova luce”). Una specie di testo fondativo del buonismo (sempre sia cosiddetto) basato su una miniera di storie formidabili, esperimenti sociali e – direi – umorismo, che infonde speranza nel futuro, fiducia nel presente e indulgenza verso il passato. La tesi di Bregman è semplice: l’uomo è fondamentalmente buono e dà il meglio di sé nei tempi difficili, nelle guerre come nelle epidemie.
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