Soli e populisti
Un viaggio per capire le radici della solitudine con l’economista Hertz, autrice di “The Lonely Century”
Noreena Hertz ha iniziato a interessarsi al fenomeno della solitudine dopo avere ricevuto la visita di vari studenti che le hanno confidato di non avere compagnia. La famosa economista britannica aveva notato per la prima volta che i suoi alunni non riuscivano a interagire tra di loro, tanto che i progetti di gruppo all’università si erano rivelati un incubo. Il rettore di un prestigioso ateneo americano gli ha confessato che le sue matricole sono talmente scarse a interpretare le espressioni facciali che ha dovuto introdurre dei corsi di recupero. “Se una persona sorride è un buon segno. Se aggrotta le ciglia significa che qualcosa non va”. A quel punto Hertz ha intrapreso un viaggio per capire le radici e le conseguenze della solitudine, un tema di grande attualità. Secondo l’economista il lockdown ha aggravato questo fenomeno al punto che alcuni centralinisti dell’ospedale le hanno raccontato di avere ricevuto molte telefonate di persone sole sull’orlo del suicidio.
Il suo libro “The Lonely Century” racconta un malessere sociale diffuso che porta molti professionisti newyorchesi a dilapidare il proprio patrimonio per affittare gli “amici a pagamento”, un esercito di 62 mila persone che offrono la propria compagnia al prezzo di quaranta dollari all’ora. Esistono anche i “coccoloni” di professione – il cui mestiere è letteralmente quello di abbracciare e dare conforto – che si ordinano tramite un app e costano il doppio. In Gran Bretagna il sessanta per cento degli impiegati non rivolge parola a lavoro e tre quarti dei cittadini non sanno il nome del proprio vicino di casa. Il fenomeno è così pervasivo che l’ex premier Theresa May aveva creato un sottosegretario con delega alla solitudine che però, secondo Hertz, non ha sortito alcun effetto. “Non basta creare una nuova posizione per sconfiggere il problema; bisogna attuare delle riforme strutturali – sostiene l’economista in un colloquio virtuale con la stampa estera di Londra – La solitudine fa parte di un ecosistema e deriva da cause strutturali; tutti i dipartimenti di stato devono trovare una soluzione al problema. E’ inutile creare una posizione ad hoc se allo stesso tempo il governo decide di chiudere le biblioteche comunali e tagliare i centri ricreativi che forniscono un sostegno a molte persone”.
Questo fenomeno comporta delle serie conseguenze in ogni sfera sociale. La solitudine riduce la nostra aspettativa di vita e aumenta le probabilità di essere vittime di patologie cardiache. Il rischio equivale a fumare 15 sigarette al giorno; è maggiore dell’alcolismo e due volte superiore all’obesità. In Giappone, dove il 14 per cento degli anziani non rivolge la parola ad altri per due settimane, molte signore ultra sessantacinquenni compiono dei piccoli furti nella speranza di andare in carcere. Una detenuta giapponese di 78 anni ha descritto la prigione come “un’oasi piena di gente con cui parlare”. La tesi più originale del libro è che la solitudine alimenta il populismo. La mancanza di rapporti sociali cambia la nostra percezione del mondo; ci rende più ostili e diffidenti verso gli estranei.
L’autrice traccia un profilo di tre elettori populisti che si sentono dimenticati dai partiti tradizionali. Eric è un panettiere francese che vota per Marine Le Pen; Giorgio è un piccolo imprenditore leghista e Terry è un ferroviere dell’East Tennessee che sostiene Trump. La militanza politica gli ha permesso di evadere dalla solitudine e sentirsi parte di una comunità. “A differenza del passato, la sinistra non riesce più a rappresentare gli emarginati – spiega Hertz rispondendo a una domanda del Foglio – Le ragioni sono essenzialmente due. I sindacati, che tradizionalmente fornivano un senso di appartenenza e fratellanza alla classe operaia, hanno perso influenza negli ultimi decenni. Inoltre molti partiti progressisti hanno adottato il neoliberismo che ha valorizzato l’individuo, la competizione e ha alimentato le diseguaglianze. La sinistra ha perso la propria legittimità agli occhi dei più deboli e i populisti di destra hanno riempito questo vuoto politico, appropriandosi di alcuni cavalli di battaglia dei progressisti come gli investimenti nei servizi pubblici. La grande sfida per il centro sinistra è rappresentare questo senso di abbandono e solitudine, comunicando attraverso le emozioni e non solo i fatti”.
Hertz racconta di essere stata contattata da molti politici provenienti da diversi paesi, che hanno letto il suo libro e vogliono trovare delle soluzioni. La Hertz elenca vari esempi virtuosi. La Norvegia stanzierà nuovi fondi per combattere la solitudine indotta dal lockdown. Il governo francese ha introdotto il servizio sociale per gli adolescenti. “Bisogna sfruttare l’opportunità della pandemia per intervenire su questo fronte, prendendo ispirazione dai governi che hanno costruito lo stato sociale dopo la seconda guerra mondiale – conclude l’economista – I nuovi disoccupati potrebbero rendersi utili per combattere la solitudine e occuparsi degli altri. Ma finora il governo britannico è stato assente su questo fronte”.