Per Donald Trump, Sacha Baron Choen è “un verme”, sostiene che abbia cercato di raggirarlo, “è un impostore” che il presidente americano non trova affatto divertente. Sono trascorsi quattordici anni dal primo al secondo viaggio di Borat negli Stati Uniti e in questi quattordici anni è cambiato di tutto: noi, gli Stati Uniti, Borat, Sacha Baron Cohen. E’ cambiato anche il Kazakistan, la “nazione gloriosa” che quattordici anni fa si era molto arrabbiata per essere stata rappresentata come una terra piena di stereotipi, antisemita, retrograda, maschilista, sporca. Il Kazakistan era nei baffoni di Borat, nei suoi calzini, nel suo inglese, in ogni figuraccia e ai kazaki non era piaciuto affatto che la loro nazione venisse rappresentata a quel modo, così il film venne bandito e cercarono di fare causa a Cohen. Comprarono anche spazi sui giornali internazionali per dire che il paese ex sovietico non era così sporco, maschilista e retrogrado. Non era nemmeno antisemita, e Cohen si era anche scusato, era intervenuto per precisare che non c’era nulla di vero sul Kazakistan nel film, ma che aveva voluto scegliere una nazione poco conosciuta e lui voleva parlare d’altro: dell’America. Le parole non erano riuscite a convincere il paese che, alla notizia di un ritorno del film, aveva deciso di lasciar correre, far finta di nulla, non rispondere. Tanto più che il secondo Borat inizia proprio mostrando il protagonista ai lavori forzati: la sua missione nel 2006 era quella di fare uno “studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan” e il giornalista televisivo kazako aveva soltanto ridicolizzato la sua nazione. Ma nel 2020 viene liberato e mandato, di nuovo, negli Stati Uniti per donare la scimmia ministro della Cultura al presidente americano, che è Donald Trump. Gli stereotipi e le provocazioni non mancano, tuttavia dal 2006 sono trascorsi quattordici anni e questa volta i kazaki non soltanto hanno deciso di non prendersela, ma anzi se ne sono approfittati e hanno pensato: siamo piccoli, poco conosciuti, qualcuno parla di noi, usiamo la fama prima che la gente smetta di parlare del Kazakistan. E così la nazione ha deciso di adottare il borattiano “very nice” e di farci uno spot per il turismo.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE