Da molt’anni sono morti i mandolini e le chitarre ma questa notte girano le serenate tanto è antica la luna e battono gli sportelli a gli androni e risplendono i vetri all’alte balconate”, scriveva il siciliano Lucio Piccolo nei primi anni del Novecento. Serenate che, nella Sicilia del 2020, e chissà cosa avrebbe da dire in merito il poeta di Calanovella, sono diventate neomelodiche e mafiose. Che si farebbe bene a sbarrare le finestre per non udirle. “Pinuzzo non può cantare”, sentenziò una manciata di mesi fa il nuovo mammasantissima di Borgo Vecchio, dedalo di viuzze a pochi passi dalla centralissima via Libertà, la strada palermitana delle ville Liberty che la mafia di un tempo ha risparmiato dalla demolizione negli anni del sacco edilizio, dei platani secolari e delle vetrine dello shopping. Che mafia è questa che, così emerge dalle recenti indagini, tiene sotto scacco i quartieri popolari di Palermo? Siamo allo stadio neomelodico di Cosa Nostra, alla sub cultura della sub cultura mafiosa. I picciotti di malavita si atteggiano a boss nella tronfia manifestazione di potere con la quale impongono sul palco delle feste di borgata un cantante piuttosto che un altro.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE