Secondo di una serie, anticipato sui giornali come assoluto capolavoro. L'ultimo libro dell'ex sindaco di Roma "non è fatto per piacere a chi lo leggerà, ma per soddisfare la vanità di chi lo ha scritto"
Vibrata protesta per le attività culturali interrotte con il coprifuoco, derivato dal materno ragionamento: “Non vi impedisco di uscire, faccio sparire i divertimenti fuori casa”. Altre voci si erano alzate per la chiusura delle librerie, nella prima puntata della saga “I divieti del Covid”. Ma come, perché, che senso ha, come riusciremo a sopravvivere senza libri, senza teatro, senza cinema? I cervelli appassiranno tra atroci tormenti, invocando la grazia di un po’ di cultura. Tra chi protestava c’era Walter Veltroni, che alle patrie lettere e alla patria arte cinematografica contribuisce ogni volta che può (e può spessissimo, finora ha messo la firma su sei titoli, tra film e documentari, e su una ventina di libri – le prefazioni ormai non si contano, nessuno più di lui ha frequentato il genere paratestuale).
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