In "Sulla maleducazione”, Sergio Tramma la definisce come "un insieme di fenomeni, di micro-atti quotidiani, che non riceve unanimità di valutazioni". Oggi è una moda, una manieristica forma di espressione fondata sull’esibizionismo isterico di una passionalità più finta che vera
Mi sembra davvero un’eccellente scelta quella che ha portato Sergio Tramma a scrivere un libro intitolato “Sulla maleducazione” (Raffaello Cortina Editore, pp. 189, euro 14). Scelta audace e impegnativa, perché la maleducazione sembra essere qualcosa di assolutamente noto e ovvio di cui si ha un’esperienza più o meno quotidiana, mentre invece è una realtà insidiosa, multiforme e sfuggente la cui definizione è tutt’altro che facile. Ecco l’esauriente incipit con cui si apre questo breve trattato: “La maleducazione accompagna la vita quotidiana di ciascuno, è una presenza costante della quale alle volte si è vittime, altre testimoni, e, non sporadicamente, anche produttori. E’ come una mosca, una zanzara, un tafano, esseri sempre fastidiosi anche se sono poche le volte in cui producono danni seri e irreparabili, e in questi casi forse non è più maleducazione ma qualcosa che va ben oltre. Oggetto sfuggente e scivoloso, non si riesce a individuare e fissare più di tanto i suoi tratti costitutivi, la sua identità, i suoi confini. E’ un insieme di fenomeni, di micro-atti quotidiani, che non riceve unanimità di valutazioni…”.
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