L'intervista della domenica
E tutto il mondo fuori
Come fare azzurro, il tempo, quella volta a Sanremo da indiana, gli astrologi, Carver, Obama, il Trivial, le finestre, Lucio Corsi, le canzoni. Conversazione con Daria Bignardi
Daria Bignardi ha parlato con tutti, per anni. A Le Invasioni Barbariche, a L’Assedio, a L’Era glaciale, al Grande Fratello. A parlare con gli altri facendo succedere di tutto è bravissima. Una volta ha messo un cagnolino tra le braccia di Mario Monti, e per lui sono state rogne, Michela Brambilla lo ha perseguitato per settimane chiedendogli di quella bestiolina – “Non le domando più conto dell’Italia ma da animalista non posso esimermi dal domandarle come stia Empy”.
È operosa e pacata, ficcanaso e distaccata, meridionale e settentrionale: emiliana. Dell'informalità ha fatto forma e sostanza del discorso. Nei suoi programmi e nei suoi romanzi c'è sempre un'atmosfera di agguato e di focolare. Con lei tutti stanno sempre come si sta al secondo appuntamento: tesi e convinti.
Abbiamo provato a incontrarci molte volte in queste settimane, ma poi abbiamo dovuto arrenderci a pandemia, dpcm, zone rosse, influenze e così ci siamo parlate scrivendoci, su WhatsApp, per mail, al telefono. Una volta ho bruciato delle melanzane per colpa sua. Lei non ha mai mancato di raccomandarmi di lavorare di meno, di fare azzurro, ogni tanto.
“Oggi faccio azzurro” significa oggi non lavoro, è il titolo del suo ultimo romanzo (Mondadori), che racconta di una donna che perde il suo grande amore e non fa più niente, a parte volontariato, analisi e parlare con un fantasma, finché non incontra un uomo e una ragazza che hanno anche loro smesso di fare tutto, si sono fermati.
Appena mi sono seduta a pensare a cosa domandarle, mi è arrivata una mail di un libro che sta per uscire: è della più importante astrologa giapponese, Keiko, molto consigliata da Marie Kondo, che ha un metodo pare infallibile per trasformare i sogni in realtà, intercettando le energie positive. Mi sono spaventata.
Per carità. Quando leggo le parole "energie positive" metto mano alla pistola. Compra piuttosto "Manuale di autodistruzione" di Marian Donner, sulla libertà di essere inutili, noiosi e lamentosi, e di vivere in modo inadeguato e infelice: quando l'ho letto ho esultato. Se qualcuno scrive - di solito titolisti che non li hanno letti - che i miei romanzi sono "una cura", mi dispero: un buon romanzo deve darti una legnata, altro che curarti.
Mi dice i sogni che le piace sognare e non vuole realizzare?
Sogno di avere un autista perché non guido, e un assistente che si ricordi tutte le mie password. Sogno di avere due o tre cani e dieci gatti, e di vivere in campagna, con il mare all'orizzonte e una volpe che insidia le mie galline. Sogno di bere gin tonic alle sei e di cenare alle sette. Insomma, mare a parte sogno di essere Olivia Colman in "The Crown", ma senza figli cretini e senza doveri istituzionali.
Comunque io, per aiutarmi con certi sogni, ho una cartomante vera, una virtuale, un astrologo e per un certo periodo ho avuto anche un mineralogista. Non so lei.
Sono andata due o tre volte da un astrologo, in periodi in cui stavo malissimo, e con questo ho detto tutto.
Si può vivere semplicemente scrivendo?
Altroché: ne "L'Acustica perfetta" sono una moglie che sparisce lasciando tre figli piccoli e un biglietto in cucina, ne "L'Amore che ti meriti" una donna incinta sposata con un commissario di polizia, ma sono anche sua madre e un po' anche il commissario di polizia. In "Oggi faccio azzurro" sono tutti i personaggi, compreso il fantasma.
Chi è stato il suo maestro?
Raymond Carver.
Gli scrittori che parlano di “urgenza” si riferiscono, in fondo, al poter fare, nei libri, quello che nella vita non potrebbero?
L'urgenza è un'ossessione, un destino, credo che abbia a che fare con lo sguardo che abbiamo sul mondo. Lo so che può far ridere, ma io è da quando sono nata che vivo le cose per raccontarle. Lo facevo già a cinque anni, e a sette ho scritto il primo romanzo: si intitolava "Illusioni perdute" e parlava di un ragazzo lasciato dalla fidanzata, più o meno come l'ultimo. Chissà che diavolo avevo in testa, che cosa avevo letto, chi mi ha traumatizzato. Se uno non avesse quell'urgenza se ne andrebbe al mare invece di spaccarsi la schiena su una sedia per dieci ore al giorno, sette giorni su sette, come fai quando stai scrivendo. Tabucchi diceva che la letteratura è "una questione di sedia e di mal di schiena" e non potrei essere più d'accordo.
La protagonista di “Oggi Faccio Azzurro” ha fatto qualcosa che a lei non riesce? Star ferma, per esempio.
Sì, Galla ne ha fatte un paio che mi mancano, come tirare una tazza contro al muro in un momento di rabbia. Solo una volta ho lanciato un oggetto contro qualcuno, ma era un branzino surgelato e io avrò avuto venticinque anni. Mi trovi agitata? In realtà mi è capitato di passare lunghi periodi sul divano, come Galla, ma io almeno leggevo, lei invece fissa la magnolia del cortile e calcola l'ora migliore per buttarsi dal balcone. Ma che questo romanzo fa ridere l'abbiamo già detto? Io rido ancora dei dialoghi tra Galla e il fantasma.
Ho riso per l'analista. Che liberazione. Ho riso anche quando ho letto il suo consiglio per le donne in vacanza la scorsa estate: in casa, non fate un cazzo. Penso che sia il nostro problema più grosso: non riuscire a non fare un cazzo.
Lasciar fare le cose a qualcun altro, o alla vita, è l'arte in cui i maschi eccellono, io li invidio sinceramente per questa capacità che - anche dal punto di vita filosofico - mi sembra impagabile. Basta che non ci sia qualcuno che ne paga le spese, però, di quel non fare.
In un suo pezzo sulla luce, a marzo, diceva che in isolamento aveva imparato l’ora esatta in cui faceva giorno, e che quando si soffre non per forza si diventa migliori, anzi: il dolore si dimentica.
Io sono stata bene allora e sto bene adesso, ma ho la fortuna di avere un lavoro che posso fare da sola e che faccio anche mentre non lo faccio, perché quello sguardo che dicevamo prima ce l' hai anche se non stai scrivendo e non smette mai di lavorare. E poi ho la fortuna di avere una casa grande, figli grandi e un gatto. Se ho imparato qualcosa in questa pandemia è che si deve vivere senza fare progetti. Ma forse lo dimenticherò.
Perché odia parlare al telefono?
L'ho raccontato in "Non vi lascerò orfani": mia madre mi telefonava ogni mattina alle nove, non per sapere come stavo ma per verificare che durante la notte una fuga di gas non mi avesse uccisa. Se per caso non rispondevo, cosa che non accadeva mai - ma in trent'anni tre volte sarà successo - chiamava la polizia oppure si metteva in macchina e guidava da Ferrara a Milano. Mi ha telefonato a Sarajevo durante la guerra, alle isole Fiji dentro a una capanna, mi ha chiamata mentre stavo partorendo, mi ha chiamata ovunque anche quando non esistevano i cellulari: niente poteva arginare la sua ansia ossessiva. Sogno ancora la notte di doverla chiamare e di non trovare un telefono a gettone.
Cosa la stanca di più?
Apparire. Se non mi fossi tanto divertita a fare l'autore e a lavorare in gruppo non avrei resistito un giorno in tv. Non mi riguardo, non mi riascolto, non mi posso vedere.
È vero che l’inferno sono gli altri?
Ma no, anzi. Ogni tanto ci penso: se rimanessi sola sulla terra come la protagonista de "La parete" di Marlen Haushofer non credo sopravviverei. Vivere per sè soli mi sembra inutile. Per fortuna quando i figli crescono ci sono gli animali e le piante da perseguitare... ops, da curare.
Durante il lockdown ho pensato a “L’eleganza del riccio”. Per me la protagonista di quel romanzo (la portinaia, non la bambina), è un modello di emancipazione femminile incredibile. Legge e basta. Non fa fruttare niente di niente.
È quello che ho fatto io dai cinque ai vent'anni e te lo confermo: è bellissimo. Bisognerebbe avere quattro o cinque vite: una solo per leggere, una per fare i genitori, una per viaggiare, una da buttare via. Pensa che bello: una vita solo per sprecarla!
Una femminista pazza che mi piace tantissimo ha scritto che in futuro dovremo impegnarci a costruire parentele, non a fare famiglie. Suggeriva di far accoppiare donne e farfalle.
Ah che meraviglia, donne e farfalle! Io sto vivendo una storia d'amore burrascosa e appassionata col mio gatto. Stiamo insieme da dodici anni ma da quando durante il lockdown ha rischiato di morire e io l'ho salvato il nostro rapporto si è approfondito, hai presente il film "Il filo nascosto" con Daniel Day Lewis? Solo che adesso il gatto è diventato possessivo: fa la pipì sulla borsa degli ospiti, come a dirgli di togliersi dalle scatole. Mi vorrebbe solo per sè.
Credo che stiamo andando davvero verso un futuro in cui potremo amarci liberamente tra alberi, animali e umani. Nelle tribù primitive lo hanno sempre saputo. Per non parlare dell'antico Egitto.
Del nuovo femminismo c’è qualcosa che non la convince?
A me piace tutto quello che cambia le cose, anche se fa casino, anzi soprattutto se fa casino.
C’è una cosa che proprio deve fare tutti i giorni, cascasse il mondo, sempre, ovunque sia?
Mia madre, oltre che ogni mattina alle nove, mi chiamava subito dopo la diretta - nei periodi in cui facevo tv - criticandomi e dicendomi tutte le cose che secondo lei avevo sbagliato. La prima puntata dopo che è mancata ho chiesto a mia sorella se per favore poteva telefonarmi e criticarmi lei. Ma sono passati dodici anni e ora la sua assenza non è più un vuoto ma un pieno. Ho scritto sette romanzi da allora.
C’è qualcosa verso cui nutre una fede incrollabile?
Oltre al cibo, ai neonati, alla natura, alla letteratura e all'arte, dici? Ho fiducia nell'umanità. Secondo me la gente in fondo è buona. Se è cattiva è perché gli è successa qualche disgrazia o perché non è stata amata. Credo di avere fede nella vita. Ogni tanto mi viene in mente: pensa che culo essere nati.
Cosa la delude?
La cialtroneria. La pigrizia mentale. I pregiudizi. "Mai attribuire a malafede quello che si può spiegare con la stupidità" diceva non ricordo chi. Io so di essere un'anomalia: quanti scrittori fanno programmi di prima serata?
Io non lo leggerei il romanzo di uno che vedo in televisione, anche se ormai io faccio programmi sempre più di nicchia. Eppure sono una scrittrice, cosa ci devo fare. I miei lettori lo sanno. Ma ancora succede che mi chiedano un'intervista sull'ultimo romanzo e poi facciano il boxino biografico con la lista dei programmi tv invece che dei sette romanzi tradotti in quattordici paesi. È inevitabile, ci sta. Però che pigrizia.
Cosa, del tempo che viviamo, non accetta?
Sai che non c'è niente che non accetti? Lo so che questo è un tempo un po' da pazzi, però che privilegio vivere a cavallo di due epoche, quella analogica e quella digitale, tra il secondo e il terzo millennio. È faticoso ma è divertentissimo, è pazzesco.
C’è qualcosa che invidia ai ventenni di oggi?
In realtà no, non gli invidio niente, anzi. Quando avevo vent'anni io ci si poteva mettere nei peggiori guai senza che nessuno se ne accorgesse. Oggi è impossibile. I ventenni che conosco io sono sani e saggi, ma se sono già così saggi a vent'anni, come saranno a cinquanta?
Sprecare è un lusso? Può essere un diritto?
Dipendi da cosa sprechi. Certo che abbiamo il diritto di sprecare il tempo, o i nostri talenti. Il problema è quando sprechi un bene comune, come l'ossigeno. Ma io sono fiduciosa: vuoi che non troviamo un modo per salvare il pianeta, o per costruirne un altro, prima o poi?
Dormire le piace?
Sempre dormito poco, anche da ragazza. Sei ore, sei ore e mezza. Però le rare volte che ne dormo sette o otto mi sveglio e mi sento un'altra persona. Penso: "Quindi è così che si sentono quelli che dormono? Ma che bellezza!".
La sua più grande vanità?
Ho battuto Umberto Eco al gioco del vocabolario. E mio suocero Adriano Sofri al Trivial letterario. Lui proverà a negare, Umberto Eco non può, ma ti assicuro che è andata così, e che nessuno dei due era contento.
È davvero possibile essere sinceri?
Eccome, soprattutto se si è autolesionisti.
La prima volta che ha mentito se la ricorda? E l’ultima?
Non ricordo la prima e quando l'ho detta ma a chi: sicuramente a mia madre, che mi proibiva tutto, anche di fare il bagno in mare ad agosto senza la cuffia di plastica. L'ultima, boh. Più invecchio e meno bugie dico. Al massimo ometto.
È vero che per i maschi è tutto più facile? Il Nicola del suo libro mi pare dimostri il contrario.
Nicola è il più disastrato di tutti perché ha più difficoltà a entrare in contatto con se stesso. Che per i maschi sia tutto più facile lo dice Galla, che ha quasi cinquant'anni ma è fragile come una ragazzina. Mentre la ragazzina vera, Bianca, sembra più forte di lei. Detto questo: per i maschi della mia generazione era tutto più facile. Per quelli della tua magari non è così.
Mi racconta di quando è andata a Sanremo e ha cantato con Sabina Guzzanti vestita da indiana?
Mi divertii perchè non avevo responsabilità: eravamo i più sfigati di tutti. Stavo in questo coro improbabile di Sabina Guzzanti e David Riondino che cantavano "Troppo sole" - arrivata ultima credo: una canzone molto carina - con Antonio Ricci, Bruno Voglino, Orsetta De Rossi, Franza De Rosa, Nichi Vendola. Eravamo gli scappati di casa del Festival.
Le canzoni mi piacciono un sacco, quelle belle.
Qual è la sua preferita?
Dipende. Vado a giorni. Oggi è "Cosa faremo da grandi" di Lucio Corsi.
Lucio Corsi e Edda Rampoldi sono i musicisti più incredibili cui lei, praticamente unica, ha dato spazio in tv. Di Edda ricordo quell’intervista in cui disse che faceva il ponteggista da quando aveva smesso di drogarsi.
Edda è un grande. Lucio Corsi l'ho invitato una volta a l'Assedio, e quando ho pensato di avere un resident artist per questa edizione senza pubblico non poteva essere che lui, perché incarna lo spirito del tempo: androgino, poetico, legatissimo alla natura e alle sue radici, bravissimo autore e musicista, ventisette anni. Le ha tutte. Con Lucio è stato un incontro perfetto, che cresceva di significato a ogni puntata.
Com’è fatto il giornale dei suoi sogni?
L'ho fatto! Dal 2002 al 2004. Era un mensile della Hachette Rusconi ora Hearst e si chiamava Donna. Aveva una grafica pazzesca, devo mandarti le foto: nel primo numero non c'era nemmeno uno strillo in copertina, soltanto il ritratto di una modella trans. I collaboratori erano Mattia Feltri, Selvaggia Lucarelli, Luca Sofri, Annalena Benini, Filippo Facci, Giacomo Papi e i detenuti del penale di San Vittore. C'era una rubrica su Carmelo Bene ogni mese. È durato ben due anni, non so come.
Il suo gatto si chiama Obama. Ha mai pensato che Obama abbia sbagliato molto di più di quello che siamo disposti ad ammettere?
No perché non ne so abbastanza. In politica mi fermo alle apparenze: e in quelle Obama è stato insuperabile.
Nel suo libro a un certo punto c’è una frase che dice tutto sulla solidarietà femminile: “Le donne dovrebbero sempre capirsi, essere solidali tra loro, non essere nemiche: come in carcere, dove si sta tutti dalla stessa parte”. Quel “come in carcere” mi ha stesa.
Eh lo so. Ed è davvero così.
Quando parla di sesso, nel romanzo, lo fa quasi sempre attraverso Nicola.
Mi è più facile immaginare come pensa al sesso un uomo. Anche se questa divisione manichea tra uomini e donne è proprio una convenzione, siamo d'accordo?
Una volta ha detto: “Sono un tronco”.
La Pina di Radio DJ mi chiama "Gneeek gneeek", come il rumore che fa il legno quando scricchiola. Sono un pezzo di legno solo in tv però. Nella vita ballo in cucina da sola.
Le piace il suo corpo?
Più invecchio e più mi piace. Da ragazza ero belloccia e non lo sapevo o forse non mi riconoscevo nei lineamenti regolari che mi ritrovavo. Non c'era niente di regolare dentro di me, come poteva esserci fuori? Ho cominciato a piacermi da qualche anno, quando mi sono calate le guance e le palpebre. E da quando ho tre grosse cicatrici addosso e un linfedema al braccio destro. Così acciaccata mi somiglio di più.
Le piace il Natale?
Mi è sempre piaciuto da pazzi ma l'unico che ho fatto da sola, a Londra a ventidue anni, è quello che ricordo meglio. Quest'anno ho deciso che chissenefrega del Natale. I miei figli non sono d'accordo.
Ha avuto molto coraggio a scrivere che in isolamento, ferma, immersa nel presente, è stata bene. Quanto conta la prudenza quando scrive sui giornali? Con i romanzi si sente più libera?
A un certo punto bisogna pur liberarsi dalla prudenza, se si vuole scrivere. Senza diventare esibizionisti, ma spudorati bisogna esserlo. Nei romanzi dico cose che non sa nemmeno mia sorella. Tanto non sono mica vere, le cose che si scrivono nei romanzi. Sono romanzi.
Perché c’è tanta pittura in “Oggi faccio azzurro”?
Era una storia che aveva bisogno di colori, perché tutto parte da dalla pittrice Gabriele Münter, una che i colori li sentiva per com'erano e non per come apparivano. Come dice Gabriele a Galla a un certo punto: "È con me che Kandinskij è diventato Kandinskij!". Credevo di essermelo inventato io, invece una storica dell'arte come Lauretta Colonnelli mi ha detto che è stato proprio così: senza il confronto con Gabriele Münter, Kandinskij probabilmente non avrebbe dipinto il primo acquerello astratto, non avrebbe scritto Lo Spirituale nell'arte, creato il Cavaliere Azzurro: magari sarebbe tornato a Mosca a fare il professore di Economia o di Diritto come desiderava la sua prima moglie.
Mi piace tanto che Galla cerchi in tutti i modi di non demonizzare Doug.
Se ami qualcuno per vent'anni, come lei, come fai a smettere solo perché lui non ti ama più?
Quando ho finito di leggere il suo libro, mi è venuto in mente questo video: c’è Vasco Brondi che stona tutto, come al solito, e però quando entra Dragogna va tutto a posto, anche se Vasco continua a stonare la canzone è bellissima. Ho pensato che l’amore, se esiste, è una cosa così.
Secondo me io c'ero a quel concerto! O forse era un altro con Rodrigo D'Erasmo? Con Vasco siamo amici, abbiamo costellazioni comuni: Bassani, Ghirri, i CCCP, Massimo Zamboni. Con le luci della centrale elettrica, ovvero della Montedison, ci sono cresciuta, a Ferrara. Sono cose che ti segnano per sempre.
Si possono amare tante persone alla volta?
Lo chiedi a me? Io mi innamoro spesso, magari per un pomeriggio: di donne, uomini, bambini, animali. La cosa difficile è farlo durare, l'amore. Col gatto Obama ci sono riuscita, ma ho dovuto salvargli la vita.
Ci sono cose che fa "senza guardare", come sua mamma faceva l’arrosto?
Rispondere a quest'intervista, per esempio.
Come si educano i figli?
È un lavoro durissimo: i bravi educatori sono capaci di far rispettare poche buone regole e di tenere una distanza, cose che a me vengono difficilissime, motivo per cui non credo che alla fine prenderò un cane, anche se mi piacerebbe. Per fortuna mi sono venuti dei figli simpatici e molto per bene. Merito anche dei padri. E anche mio, dai, che ho scelto quei padri per farci i figli. Mi consolo raccontandomi che ognuno ha bisogno di qualcuno che gli rovini la vita per crescere.
Manda note vocali?
Sì, le mando, inventandomi scuse articolate per il fatto che mando un vocale invece di telefonare o scrivere. Ah ecco, vedi che mi è venuta in mente l'ultima bugia!
Com'è lavorare in radio?
Non ho ancora deciso cosa mi piace davvero della radio. A volte temo che sia l'adrenalina della diretta. Non potrei fare radio o tv registrata, mi verrebbero malissimo. Però non posso fare a meno di chiedermi cosa rimane davvero. Quando scrivi un romanzo lo sai cosa rimane.
Ha mai usato WindowsWap? Si condivide la propria finestra con altri e si usa la loro per affacciarsi e guardare fuori. Tutto dal pc.
Non sapevo che esistesse, ora la guardo subito. Anzi ne sono già dipendente solo a sentirne parlare.
Mi racconta il suo posto preferito?
In questo momento - in cui ho finito con la tv - è quello in cui sono. Il mio studio, a Milano, che ha una finestra su un balcone di piante con le foglie che stanno ingiallendo. Ogni tanto si sente il cleng della gattaiola che sbatte, ogni tanto mi alzo dalla scrivania e vado in cucina a prepararmi un tè o a mescolare un sugo per la cena. Al crepuscolo smetto di scrivere, mi stendo sul divano e spippolo sui social o leggo un libro. È una vita meravigliosa.
E la sua parola preferita?
"Azzurro", what else.
Quanto è difficile mantenersi allegre?
Io vado a periodi, quando non a giorni o a minuti. Sono di indole lunatica, ma in generale stare con gli altri mi rallegra. Le persone sono quasi sempre interessanti, se sei curioso. Per non parlare dell'illogica allegria che può prenderti anche quando sei solo.