In un quadro fortemente realistico potremmo definire lo stato come un “nome astratto atto a indicare l’organizzazione della pubblica amministrazione” (L. Sturzo). Ne consegue che la negazione dei limiti giuridici al potere condurrebbe chi detiene tale esercizio a operare nell’arbitrio, in nome di una violenza legalizzata; non importa se al vertice di tale organizzazione sieda una sola persona, un gruppo di oligarchi ovvero una folla rivoluzionaria. In tale prospettiva, tutelare e vigilare sulla finanza pubblica, garantendo la buona amministrazione, esprime una dimensione fondamentale dell’esercizio della sovranità popolare; una visione ideale, tale per cui la dialettica aperta tra i detentori del potere, i liberi cittadini, le libere associazioni e l’articolazione dell’amministrazione è resa possibile ed effettiva, senza che il processo democratico si incammini verso un progressivo deterioramento della sua qualità inclusiva, a favore di soluzioni istituzionale di tipo estrattivo. E’ questo il tema centrale affrontato da Fabio G. Angelini nella sua più recente monografia, intitolata L’intervento pubblico tra diritti fondamentali e razionalità economica. Disfunzioni democratiche e funzioni amministrative come esercizio della sovranità popolare (Cedam, 2020).
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