Il 6 novembre dei terroristi islamici hanno devastato il villaggio di Matuide, in Mozambico, decapitando cinquanta persone in un campetto da calcio. Pochi giorni dopo, le autorità del Camerun chiudevano le scuole al confine con la Nigeria per proteggere gli studenti dai continui attacchi suicidi di Boko Haram. Di ieri la notizia che 110 contadini sono stati massacrati a Koshobe, in Nigeria, per mano sempre dei jihadisti di Boko Haram. Il più grande eccidio finora in quella zona del paese. E sempre di ieri la notizia che Haruna Kuye, leader di un villaggio cristiano nello stato nigeriano di Kaduna e suo figlio sono stati uccisi da uomini armati entrati nella loro casa. Tre paesi africani travolti dalla stessa ideologia e con i cristiani al centro di un “genocidio”. L’ascesa di gruppi estremisti islamici in tutta l’Africa e i costanti attacchi contro le comunità cristiane costituiscono “il prossimo jihad”. E’ la tesi del rabbino Abraham Cooper, direttore del Centro Simon Wiesenthal, che prende il nome del celebre cacciatore di nazisti e una delle principali organizzazioni ebraiche per i diritti umani. Cooper, che si fece le ossa sulla libertà religiosa negli anni Ottanta battendosi per il diritto a emigrare degli ebrei sovietici, ha collaborato con il reverendo Johnnie Moore della commissione degli Stati Uniti per la Libertà religiosa per la stesura di “The Next Jihad: Stop the Christian Genocide in Africa”.
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