"C’era una diminuzione della popolazione, dovuta alla pestilenza e alla scarsa natalità”, scriveva Gaetano Mosca negli anni Trenta, riflettendo su quello che lo storico tedesco Eduard Meyer aveva definito “l’avvenimento più interessante e più importante della storia universale”. La caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Il più robusto filone interpretativo ha da un po’ di tempo posto l’accento su un doppio shock demografico che fece collassare Roma. La popolazione imperiale di ottanta milioni nel primo secolo d.C. al tempo di Augusto scese a 25 milioni nel 476. L’epidemia di vaiolo sotto Marco Aurelio, raccontata dallo storico Kyle Harper nel libro “Il destino di Roma” (Einaudi), diede il colpo di grazia a quella che Pierre Chaunu, lo storico francese degli Annales, definirà il “primo caso di civiltà del rifiuto della vita”. A questo doppio choc Michel De Jaeghere, direttore del Figaro Histoire, ha dedicato le seicento pagine di “Les derniers jours”, gli ultimi giorni, tradotto in italiano dalla casa editrice Leg. “Le famiglie erano fragili e poco feconde. Il concubinato rimaneva la norma, il divorzio era frequente. La perdita della pietas si tradusse in uno spopolamento che avrebbe avuto un grande peso sui destini del mondo romano. Lucano aveva descritto, sotto Nerone, la desolazione di un’Italia in cui ‘pochi abitanti vagano per le strade deserte di antiche città’”.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE