L’interessante sito-progetto indipendente RealClearPolitics, quello che tutti consultavano durante le elezioni americane, ha pubblicato una sorprendente classifica delle 55 top university statunitensi basata sul grado di libertà di espressione delle proprie idee, misurato su diversi parametri, quali tolleranza, apertura, possibilità di espressione, ricadute di tutto questo sul supporto amministrativo. Vale quel che vale ogni classifica, cioè poco, ma qualche indicazione sorprendente la dà. La celebre Harvard è al posto 46 su 55, Princeton al 29, Berkeley al 28, Yale al 12. La migliore è Chicago, quella in cui, qualche anno fa, il rettore ha scritto alle matricole dicendo che nella sua istituzione non si accettava di cancellare conferenze per le idee degli oratori, non si permetteva che ci fossero luoghi nei quali non vi si facessero domande sulle convinzioni sessuali o religiose (safe place), non si indicavano possibili temi controversi delle lezioni (trigger warning). Nel sondaggio viene anche attribuito un colore che riguarda il grado di libertà e, se aprite la tendina, ci sono purtroppo le testimonianze degli studenti. Il panorama è inquietante: voti bassi a chi manifesta idee diverse dal mainstream su ambiente, Black Lives Matter, politica interna americana; impossibilità di esprimere la propria idea in classe su temi etici, se non è conforme al mainstream liberal; menzogna sistematica sulle proprie idee in modo tale da non incorrere in votazioni insoddisfacenti; attacco diffuso al cristianesimo, unica religione sempre criticabile.
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